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La Terra del Fuoco
Morgan Rice


L’Anello Dello Stregone #12
In LA TERRA DEL FUOCO (LIBRO #12 in L’ANELLO DELLO STREGONE), Gwendolyn e il suo popolo si trovano circondati nelle Isole Superiori, assediati dai draghi di Romolo e dal suo esercito di un milione di uomini. Tutto sembra perduto quando la salvezza arriva da una fonte inaspettata. Gwendolyn è determinata a trovare il suo bambino, perduto in mare, e a condurre la sua nazione di esiliati verso una nuova casa. Viaggia attraverso mari esotici e sconosciuti, incontrando pericoli impensabili, ribellione e fame, mentre navigano nel sogno di un porto sicuro. Thorgrin incontra finalmente sua madre nella Terra dei Druidi e il loro incontro cambierà la sua vita per sempre, lo renderà più forte che mai. Con una nuova impresa da compiere, si imbarca determinato a salvare Gwendolyn, a trovare il bambino e a compiere il suo destino. In una battaglia epica di draghi e uomini, Thor verrà messo alla prova in ogni modo, si batterà con mostri e rischierà la propria vita per i suoi compagni, scavando sempre più a fondo per diventare il grande guerriero che è destinato ad essere. Nelle Isole del Sud Erec è sul letto di morte e Alistair, accusata del suo omicidio, deve fare tutto ciò che le è possibile per salvare Erec ed essere assolta dalla colpa. Scoppia una guerra civile in una lotta di potere per il trono, e Alistair si trova incastrata nel mezzo, con il suo destino e quello di Erec appesi a un filo. Romolo rimane concentrato nel suo intento di distruggere Gwendolyn e ciò che resta dell’Anello, ma il ciclo della luna sta giungendo al termine e il suo potere sarà messo duramente alla prova. Nel frattempo, nelle Province Settentrionali dell’Impero, sta sorgendo un nuovo eroe: Dario, un guerriero di 15 anni che è determinato a spezzare le catene della schiavitù e a insorgere tra la sua gente. Ma il Palazzo del Governo del Nord è guidato da Volusia, una ragazza di 18 anni, famosa per la sua bellezza ma anche per la sua barbara crudeltà. Ce la faranno Gwen e la sua gente a sopravvivere? Guwayne verrà ritrovato? Romolo schiaccerà l’Anello? Erec vivrà? Thorgrin tornerà in tempo? Con la sua sofisticata struttura e caratterizzazione, LA TERRA DEL FUOCO è un racconto epico di amicizia e amore, di rivali e seguaci, di cavalieri e draghi, di intrighi e macchinazioni politiche, di maturazione, di cuori spezzati, di inganno, ambizione e tradimento. È un racconto di onore e coraggio, di fato e destino, di stregoneria. È un fantasy capace di portarci in un mondo che non dimenticheremo mai, in grado di affascinare persone di ogni sesso ed età.





Morgan Rice

LA TERRA DEL FUOCO (LIBRO #12 in L’ANELLO DELLO STREGONE)





EDIZIONE ITALIANA A CURA DI ANNALISA LOVAT




Chi ГЁ Morgan Rice

Morgan Rice è l’autrice campione d’incassi di APPUNTI DI UN VAMPIRO, una serie per ragazzi che comprende al momento undici libri; autrice campione d’incassi di LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA, un thriller post-apocalittico che comprende al momento due libri; e autrice campione d’incassi della serie epica fantasy L’ANELLO DELLO STREGONE, che comprende al momento quattordici libri.

I libri di Morgan sono disponibili in edizione stampata e in formato audio e sono stati tradotti in tedesco, francese, italiano, spagnolo, portoghese, giapponese, cinese, svedese, olandese, turco, ungherese, ceco e slovacco (prossimamente ulteriori lingue).

Morgan ama ricevere i vostri messaggi e commenti, quindi sentitevi liberi di visitare il suo sito www.morganricebooks.com (http://www.morganricebooks.com/) per iscrivervi alla sua mailing list, ricevere un libro in omaggio, gadget gratuiti, scaricare l’app gratuita e vedere in esclusiva le ultime notizie. Connettetevi a Facebook e Twitter e tenetevi sintonizzati.



Select Acclaim for Morgan Rice

“L’ANELLO DELLO STREGONE ha tutti gli ingredienti per un successo immediato: intrighi, complotti, mistero, cavalieri valorosi, storie d’amore che fioriscono e cuori spezzati, inganno e tradimento. Una storia che vi terrà incollati al libro per ore e sarà in grado di riscuotere l’interesse di persone di ogni età. Non può mancare sugli scaffali dei lettori di fantasy.”



В В В В Books and Movie Reviews, Roberto Mattos

“La Rice fa un bel lavoro nel trascinarvi nella storia fin dall’inizio, utilizzando una grande qualità descrittiva che trascende la mera colorazione d’ambiente… Ben scritto ed estremamente veloce da leggere…”



В В В В --Black Lagoon Reviews (parlando di Tramutata)

“Una storia perfetta per giovani lettori. Morgan Rice ha fatto un lavoro eccellente creando un intreccio interessante …Rinvigorente e unico. La serie si concentra su una ragazza… una ragazza straordinaria!… Di facile lettura, ma estremamente veloce e incalzante… Classificato PG.”



В В В В --The Romance Reviews (parlando di Tramutata)

“Mi ha preso fin dall’inizio e non ho più potuto smettere…. Questa storia è un’avventura sorprendente, incalzante e piena d’azione fin dalle prime pagine. Non esistono momenti morti.”



В В В В --Paranormal Romance Guild {parlando di Tramutata }

“Pieno zeppo di azione, intreccio, avventura e suspense. Mettete le vostre mani su questo libro e preparatevi a continuare a innamorarvi”



В В В В --vampirebooksite.com (parlando di Tramutata)

“Un grande intreccio: questo è proprio il genere di libro che farete fatica a mettere giù la sera. Il finale lascia con il fiato sospeso ed è così spettacolare che vorrete immediatamente acquistare il prossimo libro, almeno per sapere cosa succede in seguito.”



В В В В --The Dallas Examiner {parlando di Amata}

“È un libro che può competere con TWILIGHT e DIARI DI UN VAMPIRO, uno di quelli che vi vedrà desiderosi di continuare a leggere fino all’ultima pagina! Se siete tipi da avventura, amore e vampiri, questo è il libro che fa per voi!”



В В В В --Vampirebooksite.com {parlando di Tramutata}

“Morgan Rice dà nuovamente prova di essere una narratrice di talento… Questo libro affascinerà una vasta gamma di lettori, compresi i più giovani fan del genere vampiresco/fantasy. Il finale mozzafiato vi lascerà a bocca aperta.”



В В В В --The Romance Reviews {parlando di Amata}



Libri di Morgan Rice

L’ANELLO DELLO STREGONE

UN’IMPRESA DA EROI (Libro #1)

LA MARCIA DEI RE (Libro #2)

DESTINO DI DRAGHI (Libro #3)

GRIDO D’ONORE (Libro #4)

VOTO DI GLORIA (Libro #5)

UN COMPITO DI VALORE (Libro #6)

RITO DI SPADE (Libro #7)

CONCESSIONE D’ARMI (Libro #8)

UN CIELO DI INCANTESIMI (Libro #9)

UN MARE DI SCUDI (Libro #10)

REGNO D’ACCIAIO (Libro #11)

LA TERRA DEL FUOCO (Libro #12)

LA LEGGE DELLE REGINE (Libro #13)

GIURAMENTO FRATERNO (Libro #14)

SOGNO DA MORTALI (Libro #15)

GIOSTRA DI CAVALIERI (Libro #16)

IL DONO DELLA BATTAGLIA (Libro #17)



LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA

ARENA UNO: SLAVERSUNNERS (Libro #1)

ARENA DUE (Libro #2)



APPUNTI DI UN VAMPIRO

TRAMUTATA (Libro #1)

AMATA (Libro #2)

TRADITA (Libro #3)

DESTINATA (Libro #4)

DESIDERATA (Libro #5)

BETROTHED (Libro #6)

VOWED (Libro #7)

FOUND (Libro #8)

RESURRECTED (Libro #9)

CRAVED (Libro #10)

FATED (Libro #11)












Ascolta la serie L’ANELLO DELLO STREGONE in formato audio-libro!


Copyright В© 2014 by Morgan Rice

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This is a work of fiction. Names, characters, businesses, organizations, places, events, and incidents either are the product of the author’s imagination or are used fictionally. Any resemblance to actual persons, living or dead, is entirely coincidental.

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“Così le volto le spalle:
c’è un mondo pure altrove.”

В В В В --William Shakespeare
В В В В Coriolano






CAPITOLO UNO


Gwendolyn si trovava sulla costa delle Isole Superiori e guardava l’oceano con orrore mentre la nebbia si faceva avanti e avvolgeva il suo bambino. Si sentiva spezzare il cuore a metà mentre osservava Guwayne che galleggiava sempre più lontano, verso l’orizzonte, scomparendo nella nebbia. La corrente lo stava portando Dio solo sapeva dove, sempre più distante da lei.

Le lacrime scorrevano lungo le guance di Gwen mentre stava a guardare, incapace di distogliere lo sguardo, insensibile al mondo. Aveva perso tutto il senso del tempo e dello spazio e non riusciva neanche più a percepire il proprio corpo. Una parte di lei moriva mentre guardava l’essere che amava di più al mondo portato via dalle onde dell’oceano. Era come se una parte di lei venisse risucchiata dalle acque insieme a lui.

Gwen si odiava per ciò che aveva fatto, ma allo stesso tempo sapeva che era l’unica cosa al mondo che avrebbe potuto salvare il suo bambino. Gwen udiva i ruggiti e i tuoni all’orizzonte alla sue spalle e sapeva che presto l’intera isola sarebbe stata distrutta dalle fiamme e che niente al mondo avrebbe potuto salvarli. Non Argon, che giaceva immobile e incapacitato a fare qualsiasi cosa; non Thorgrin che era lontanissimo nella Terra dei Druidi; non Alistair o Erec che erano pure distanti, nelle Isole del Sud; non Kendrick o l’Argento o qualsiasi altro coraggioso uomo che si trovasse in quel luogo: nessuno di loro aveva i mezzi per sconfiggere un drago. Avevano bisogno di magia e questo era proprio l’elemento che mancava loro.

Erano stati fortunati a sfuggire all’Anello e ora, lo capiva bene, il destino li aveva raggiunti. Non c’era più spazio per la fuga né per nascondersi. Era giunta l’ora di affrontare la morte che li stava rincorrendo.

Gwendolyn si voltò a guardare l’orizzonte dalla parte opposta, scorgendo anche da lì l’oscura massa di draghi che si dirigevano verso di lei. Aveva poco tempo a disposizione: non voleva morire da sola lì sulla costa, ma insieme al suo popolo, proteggendolo meglio che poteva.

Gwen si voltò di nuovo per un’ultima occhiata all’oceano, sperando di poter ancora scorgere Guwayne.

Ma non c’era più nulla. Ora Guwayne era lontano da lei, da qualche parte verso l’orizzonte, già diretto verso un mondo che lei non avrebbe mai conosciuto.

Ti prego Dio, pregГІ Gwen. Stai con lui. Prendi la mia vita e risparmia la sua. FarГІ qualsiasi cosa. Tieni Guwayne in salvo. Fa che possa stringerlo di nuovo. Ti scongiuro. Per favore.

Gwendolyn aprì gli occhi, sperando di vedere un segno, magari un arcobaleno all’orizzonte, qualsiasi cosa.

Ma l’orizzonte era vuoto. Non c’era altro che nero, nubi scure e un universo furibondo con lei per ciò che aveva fatto.

Singhiozzando Gwen diede le spalle all’oceano, a ciò che rimaneva della sua vita, e si mise a correre, a ogni balzo sempre più vicina all’ultimo momento con il suo popolo.


*

Gwen si trovava sul bastione piГ№ alto della fortezza di Tiro, circondata da decine di persone tra cui i suoi fratelli Kendrick, Reece e Godfrey, i suoi cugini Mati e Stara, Steffen, Aberthol, Srog, Brandt, Atme e tutta la Legione. Guardavano tutti il cielo, in silenzio e pensierosi, sapendo ciГІ che li aspettava.

Mentre ascoltavano i distanti ruggiti che scuotevano la terra, restavano fermi e indifesi, guardando Ralibar che portava avanti la loro battaglia, da solo e coraggiosamente, combattendo meglio che poteva e contenendo l’esercito di draghi nemici. Il cuore di Gwen era colmo di gratitudine vedendo Ralibar combattere così valorosamente e coraggiosamente, uno contro più di dieci, ma pur sempre temerario. Ralibar sputava fuoco contro i draghi, sollevava gli artigli e li graffiava, li afferrava e affondava le zanne nelle loro gole. Non solo era più forte degli altri, ma anche più veloce. Era uno spettacolo da guardare.

Mentre Gwen osservava la scena il suo cuore si colmava di speranza: una parte di lei voleva credere che magari Ralibar li avrebbe potuti sconfiggere. Lo vide sbandare e tuffarsi mentre tre draghi gli sputavano contro delle fiamme, mancandolo per un pelo. Ralibar scattò poi in avanti e conficcò gli artigli nel petto di uno di essi, usando lo slancio per spingerlo verso l’oceano.

Numerosi draghi gli lanciarono fuoco contro la schiena mentre lui scendeva verso il mare e Gwen guardò con orrore che lui e l’altro drago divenivano una palla infuocata che precipitava verso l’acqua di sotto. Il drago opponeva resistenza, ma Ralibar usò tutto il suo peso per spingerlo verso le onde: nel giro di poco tempo entrambi si immersero nell’oceano.

Si levò un forte sibilo accompagnato da una nube di vapore mentre l’acqua spegneva il fuoco. Gwen guardava con trepidazione, sperando che tutto andasse bene: poco dopo Ralibar riemerse, da solo. Anche l’altro drago riapparve in superficie, ma galleggiando tra le onde, morto.

Senza esitare Ralibar si lanciГІ contro gli altri draghi che stavano scendendo verso di lui. Mentre si avvicinavano con le fauci spalancate, diretti verso di lui, Ralibar si mise in assetto da combattimento: protese i grossi artigli, si inarcГІ, allargГІ le ali e afferrГІ due avversari ruotando subito dopo e lanciandoli in mare.

Li tenne sott’acqua, ma nel frattempo gli altri draghi rimbalzavano contro la sua schiena esposta. Tutto il gruppo precipitò nell’oceano, spingendo Ralibar sotto la superficie insieme a loro. Ralibar stava combattendo valorosamente, solo era decisamente in minoranza e finì sott’acqua, dimenandosi, tenuto sotto la superficie da decine di draghi che gracchiavano infuriati.

A Gwen balzò il cuore in gola vedendo che Ralibar combatteva per tutti loro, completamente solo. Avrebbe voluto più di ogni altra cosa poterlo aiutare. Scrutò la superficie dell’oceano in attesa, sperando di vedere un qualsiasi segno di Ralibar, desiderando che riemergesse.

Ma con orrore non lo vide.

Gli altri draghi riemersero e si sollevarono tutti in volo, si riunirono nuovamente in gruppo e posero gli occhi sulle Isole Superiori. Sembrava che guardassero proprio Gwendolyn. Lanciarono un forte ruggito e aprirono le ali.

Gwen si sentì il cuore spezzare in due: il suo caro amico Ralibar, la loro ultima speranza, loro ultima linea di difesa, era morto.

Si voltò verso i suoi uomini che guardavano la scena scioccati. Sapevano cosa li aspettava: un’irrefrenabile ondata di distruzione.

Gwen si sentiva oppressa: aprì la bocca per parlare ma le parole le si bloccarono in gola.

“Fate suonare le campane,” riuscì alla fine a dire con voce roca. “Ordinate alla gente di cercare riparo. Chiunque si trovi ancora in superficie deve andare sottoterra all’istante. Nelle caverne, nelle cantine, da qualsiasi parte ma non qui. Ordinatelo immediatamente!”

“Suonate le campane!” gridò Steffen, correndo verso il parapetto della fortezza e gridando verso il cortile. Presto le campane iniziarono a rintoccare facendo diffondere il loro suono nella piazza. Centinaia di persone, sopravvissuti dell’Anello, iniziarono a scappare correndo al riparo, diretti verso caverne che si trovavano alla periferia della città oppure scappando in cantine e ripari sotterranei, preparandosi ad affrontare l’inevitabile ondata di fuoco che sarebbe presto sopraggiunta.

“Mia regina,” disse Srog voltandosi verso di lei. “Forse potremo tutti ripararci in questa fortezza. Dopotutto è fatta di pietra.”

Gwen scosse la testa sapendo molto bene quale fosse la situazione.

“Non conosci l’ira dei draghi,” rispose. “Niente che si trovi in superficie può passarla liscia. Niente.”

“Ma mia signora, forse saremo più al sicuro in questa fortezza,” insistette. “Ha superato la prova del tempo. Queste pareti di pietra sono spesse quasi mezzo metro. Non preferiresti startene qui piuttosto che andare a rintanarti sottoterra?”

Gwen scosse la testa. Si udì un ruggito e guardando l’orizzonte poté vedere i draghi che si avvicinavano. Il cuore le si spezzò alla vista, in lontananza, di quei mostri che lanciavano un muro di fuoco contro la sua flotta che era ancorata nel porto meridionale. Vide le sue preziose navi, la via di fuga da quell’isola, bellissime navi che erano state costruite in decenni, ridotte ora a poco più che pezzettini di legno. Si sentiva fortunata ad aver previsto tutto e ad aver nascosto alcune imbarcazioni dall’altra parte dell’isola. Se mai fossero sopravvissuti per poterle usare e scappare da lì.

“Non c’è tempo per discutere. Tutti lascino questo posto immediatamente. Seguitemi.”

Tutti la seguirono mentre scendeva velocemente la scala a spirale che portava giù dal tetto, conducendoli più rapidamente che poteva. Mentre correva Gwen istintivamente chiuse le braccia per stringere Guwayne, poi il cuore le si spezzò un’altra volta rendendosi conto che non c’era più. Sentiva che le mancava qualcosa di sé mentre scendeva i gradini, udendo i passi alle sue spalle, facendo due scalini alla volta, tutti diretti di corsa verso la salvezza. Gwen udiva anche i lontani ruggiti dei draghi che si avvicinavano sempre di più facendo vibrare di già le mura del palazzo. Pregava solo che Guwayne fosse in salvo.

Gwen corse fuori dal castello e attraversò il cortile insieme agli altri, tutti diretti verso l’ingresso delle prigioni, da tempo vuote di prigionieri. Numerosi dei suoi soldati aspettavano davanti alle porte d’acciaio che davano accesso alla scala che conduceva sottoterra. Prima di entrare Gwen si fermò e si voltò verso la sua gente.

Vide diverse persone che ancora correvano nel cortile, gridando di paura, frenetiche, insicure sul dove andare.

“Venite qui!” gridò loro. “Venite sottoterra! Tutti!”

Gwen si fece da parte, assicurandosi che prima di tutto fossero al sicuro loro, uno alla volta. I suoi sudditi le passarono accanto scendendo la scala di corsa nel buio.

Le ultime persone che si fermarono con lei furono i suoi fratelli – Kendrick, Reece e Godfrey – insieme a Steffen. Tutti e cinque si voltarono a guardare il cielo mentre si udiva un altro ruggito tanto forte da far tremare il suolo.

L’esercito di draghi era ora talmente vicino che Gwen poteva vederli: si trovavano a poche centinaia di metri da loro, le ali immense, tutti fortissimi, con gli occhi colmi di rabbia. Avevano le enormi fauci aperte come se fossero pronti a farli a pezzi. Ogni dente era grande quanto Gwendolyn.

Quindi, pensГІ Gwen, ecco come ГЁ fatta la morte.

Gwen si diede un’ultima occhiata attorno e vide centinaia di altre persone che prendevano riparo nelle loro nuove dimore in superficie, rifiutandosi di andare sottoterra.

“Ho detto loro di andare sottoterra!” gridò Gwen.

“Alcune persone ascoltano,” osservò Kendrick tristemente, scuotendo la testa. “Ma molti non lo fanno.”

Gwen si sentiva distruggere dentro. Sapeva ciò che sarebbe successo alle persone che fossero rimaste in superficie. Perché la sua gente doveva sempre essere così ostinata?

E poi accadde: il primo fuoco di drago giunse verso di loro, abbastanza lontano da non bruciarli, ma sufficientemente vicino da poterne sentire il calore sul viso. Gwen guardò con orrore mentre si levavano le grida provenienti dal suo popolo dall’altra parte del cortile, coloro che avevano deciso di aspettare in superficie, nelle loro abitazioni o nella fortezza di Tiro. Il palazzo di pietra, così irriducibile solo pochi attimi prima, era ora in fiamme e il fuoco ne colpiva ripetutamente i lati e la pietra in breve tempo iniziò a cedere. Gwen deglutì sapendo che se avessero cercato di aspettare là dentro sarebbero tutti morti.

Altri non furono così fortunati: gridavano, incendiati, e correvano lungo le strade fino a collassare a terra. L’orribile odore di carne bruciata iniziò a pervadere l’aria.

“Mia signora,” disse Steffen, “dobbiamo scendere. Ora!”

Gwen non poteva sopportare di andarsene, ma sapeva che Steffen aveva ragione. Si lasciò guidare dagli altri, trascinata attraverso i cancelli e giù lungo la scala, verso l’oscurità, proprio mentre un’ondata di fuoco arrivava verso di lei. Le porte d’acciaio si chiusero prima che le fiamme la raggiungessero e si udì il loro riverbero dietro di loro. Era come il rumore di una porta che si chiudeva con violenza nel suo cuore.




CAPITOLO DUE


Alistair singhiozzava inginocchiata accanto al corpo di Erec, stringendolo a sé con l’abito nuziale ormai ricoperto di sangue. Mentre lo teneva il mondo le vorticava attorno e sentiva che la vita lo stava lasciando. Erec, ferito a morte dalla pugnalata, stava gemendo e lei sentiva dal ritmo delle sue pulsazioni che stava morendo.

“NO!” si lamentò Alistair cullandolo fra le sue braccia e dondolandolo. Sentiva il cuore spezzarsi a metà mentre lo stringeva a sé, si sentiva come se lei stessa stesse morendo. Quell’uomo che stava per sposare, che l’aveva guardata con così tanto amore solo pochi attimi prima, ora giaceva quasi inerme fra le sue braccia: non poteva capacitarsene. Il colpo gli era arrivato così inaspettatamente, mentre era così pieno di amore e felicità. Era stato colto alla sprovvista a causa sua. A causa del suo stupido gioco, per cui gli aveva chiesto di chiudere gli occhi mentre lei gli si avvicinava con il suo abito. Alistair si sentiva sopraffatta dal senso di colpa, come se fosse tutta causa sua.

“Alistair,” rantolò lui.

Lei abbassГІ lo sguardo e vide i suoi occhi aperti a metГ  che diventavano patinati mentre la forza vitale iniziava ad abbandonarli.

“Sappi che non è colpa tua,” sussurrò. “E sappi che ti amo tantissimo.”

Alistair piangeva, tenendolo al petto e sentendolo diventare sempre più freddo. Ma in quel momento qualcosa si mosse in lei, qualcosa che le fece percepire l’ingiustizia di quella situazione, qualcosa che si rifiutava assolutamente di accettare la sua morte.

Improvvisamente percepì un formicolio familiare, come un migliaio di punture di spillo sulla punta delle dita. Poi tutto il corpo venne pervaso da un’ondata di calore dalla testa ai piedi. Alistair si sentì sopraffare da una strana forza, qualcosa di potente e primordiale, qualcosa che non capiva completamente. Le si presentò più forte di qualsiasi altra sferzata di potere avesse mai provato in vita sua, come uno spirito esterno che si impossessava del suo corpo. Sentiva che mani e braccia divenivano bollenti e di riflesso appoggiò i palmi sul petto e sulla fronte di Erec.

Tenne le mani ferme lì, sempre più roventi, e chiuse gli occhi. Nella mente le scorrevano velocemente delle immagini. Vide Erec da giovane che lasciava le Isole del Sud, fiero e nobile, in piedi su una grossa nave. Lo vide entrare nella Legione, poi accedere all’Argento, combattere, diventare un campione, sconfiggere nemici, difendere l’Anello. Lo vide sedersi eretto con assetto perfetto sul suo cavallo, nella sua splendente armatura d’argento, un modello di nobiltà e coraggio. Capì che non poteva lasciarlo morire. Il mondo non poteva permettersi di lasciarlo morire.

Le mani di Alistair si fecero ancora più calde e lei aprì occhi vedendo che quelli di Erec si chiudevano. Ma vide anche una luce che veniva emanata dalle sue mani e si diffondeva sul corpo dell’amato fino ad avvolgerlo completamente in una sorta di globo. Nello stesso istante le ferite iniziarono lentamente a rimarginarsi e il sangue a fermarsi.

Gli occhi di Erec si aprirono di scatto, pieni di luce, e lei sentì che qualcosa si muoveva in lui. Il suo corpo, così freddo pochi istanti prima, iniziò a scaldarsi. Poteva percepire la sua forza che tornava.

Erec la guardò con sorpresa e meraviglia ed Alistair sentì la sua energia esaurita, la sua stessa forza vitale diminuire, come se tutta l’energia fosse passata a lui.

Erec chiuse gli occhi e si addormentГІ profondamente. Le mani di Alistair improvvisamente divennero fredde e lei controllГІ le pulsazioni, sentendo che erano tornate normali.

Sospirò con grande sollievo, sapendo di averlo riportato in vita. Le tremavano le mani, così esaurita dall’esperienza. Si sentiva svuotata ma allo stesso tempo felice.

Dio, ti ringrazio, pensГІ mentre si chinava su di lui e posava il viso sul suo petto, abbracciandolo e piangendo di gioia. Grazie per non esserti preso mio marito.

Alistair smise di piangere e si guardò attorno per considerare la scena: vide la spada di Bowyer a terra, sul pavimento di pietra, l’elsa e la lama ricoperte di sangue. Provò per lui un odio fortissimo, un sentimento mai provato: era determinata a vendicare Erec.

Allungò una mano e raccolse la spada insanguinata: le sue mani si ricoprirono di sangue mentre la teneva in mano e la osservava. Stava per gettarla via, scagliandola dall’altra parte della stanza, quando la porta della camera improvvisamente si aprì.

Alistair si voltГІ con la spada piena di sangue in mano e vide la famiglia di Erec che faceva irruzione nella stanza insieme a decine di soldati. Avvicinandosi la loro espressione di allarme si trasformГІ in orrore guardando lei e poi Erec privo di conoscenza a terra.

“Cos’hai fatto?” gridò Dauphine.

Alistair la guardГІ non capendo.

“Io?” chiese. “Io non ho fatto nulla.”

Dauphine la guardГІ in cagnesco avvicinandosi a lei.

“Davvero?” le disse. “Hai solo ucciso il nostro migliore e più valoroso guerriero!”

Alistair la guardò con orrore e improvvisamente si rese conto che tutti la stavano guardando come se fosse l’assassina.

AbbassГІ lo sguardo e vide la spada insanguinata che aveva in mano, le macchie di sangue sulle proprie mani e sul vestito e si rese conto che tutti pensavano fosse stata lei.

“Non sono stata io a colpirlo!” protestò.

“No?” l’accusò Dauphine. “Allora la spada ti è apparsa magicamente in mano?”

Alistair si guardГІ attorno nella stanza mentre tutti le si raccoglievano vicini.

“È stato un uomo a fare questo. L’uomo che ha sfidato Erec sul campo di battaglia: Bowyer.”

Gli altri si guardarono scetticamente.

“Ah, allora è così?” controbatté Dauphine. “E dove sarebbe quest’uomo?” le chiese guardando la stanza.

Alistair vide che non c’erano tracce s si rese conto che la stavano prendendo per bugiarda.

“È scappato,” disse. “Dopo averlo colpito.”

“E quindi come ha fatto questa spada insanguinata a finirti in mano?” continuò Dauphine.

Alistair guardò con orrore la spada che aveva in mano e la scagliò via, dall’altra parte della stanza.

“Ma perché mai avrei dovuto uccidere il mio futuro sposo?” chiese.

“Sei una strega,” le disse Dauphine portandosi davanti a lei. “Non ci si può fidare di gente come te. Oh, fratello mio!” disse poi correndo verso Erec e inginocchiandoglisi accanto, ponendosi tra lui ed Alistair. Dauphine abbracciò Erec stringendolo a sé.

“Cos’hai fatto?” si lamentava Dauphine tra le lacrime.

“Ma sono innocente!” esclamò Alistair.

Dauphine si voltГІ verso di lei con espressione di odio, poi si rivolse ai soldati.

“Arrestatela!” ordinò.

Alistair sentì delle mani che la afferravano alle spalle e la trascinavano in piedi. La sua energia era esaurita e fu quindi incapace di resistere mentre le guardie le legavano i polsi dietro la schiena e iniziavano a portarla via. Le interessava poco ciò che le sarebbe successo, ma mentre la trascinavano lontano non poteva sopportare l’idea di essere separata da Erec. Proprio ora che lui aveva estremamente bisogno di lei. Il sostegno che gli aveva dato era solo temporaneo, sapeva che avrebbe avuto bisogno di un’altra infusione di energia e che se non l’avesse ricevuta sarebbe morto.

“NO!” gridò. “Lasciatemi andare!”

Ma le sue grida vennero ignorate e i soldati la trascinarono via, ammanettata, come un qualsiasi comune prigioniero.




CAPITOLO TRE


Thor sollevò le mani e se le portò agli occhi, accecato dalla luce mentre le splendenti porte dorate del castello di sua madre si spalancavano: riusciva a malapena a vedere. Una figura camminava verso di lui, una sagoma, apparentemente una donna, e Thor sentiva con ogni fibra del suo corpo che si trattava di sua madre. Il cuore gli batteva forte in petto mentre la vedeva lì, le braccia lungo i fianchi, di fronte a lui.

Lentamente la luce iniziò a diradarsi, giusto da consentirgli di abbassare le mani e guardarla. Era il momento che aveva atteso per una vita intera, il momento che lo aveva inseguito nei suoi sogni. Non poteva crederci: era proprio lei. Sua madre. All’interno di quel castello che si trovava arroccato in cima alla scogliera. Thor aprì gli occhi del tutto e la guardò per la prima volta, a pochi passi da lei. Per la prima volta vide il suo volto.

A Thor si mozzГІ il fiato in gola mentre la guardava: era la donna piГ№ bella che avesse mai visto. Sembrava non avere etГ , allo stesso tempo matura e giovane, la pelle quasi traslucida, il volto splendente. Gli sorrideva con dolcezza, i lunghi capelli biondi che le scendevano lunghissimi, gli occhi grandi e grigi, le guance perfettamente cesellate che rendevano il volto simile al suo. La cosa che piГ№ sorprese Thor mentre la guardava fu che poteva riconoscere in lei molti dei suoi tratti: la curva della mandibola, le labbra, la sfumatura grigia degli occhi, addirittura la fronte fiera. In qualche modo era come guardare se stesso. Assomigliava sorprendentemente tanto anche ad Alistair.

La madre di Thor, con indosso un abito di seta bianca e un mantello, con il cappuccio adagiato alle spalle, stava in piedi con le braccia rilassate lungo i fianchi, senza gioielli addosso, le mani lisce, la pelle come quella di un bambino. Thor poteva percepire l’intensa energia che proveniva da lei, più forte che mai, come un sole che lo avvolgeva. Mentre si crogiolava in essa sentiva ondate di amore lanciate verso di lui. Non aveva mai provato in vita sua un tale amore incondizionato e accettazione. Si sentiva come appartenente a qualcuno.

Stando ora lì di fronte a lei, Thor si sentiva finalmente come se una parte di lui fosse completa, come se tutto andasse perfettamente.

“Thorgrin, figlio mio,” gli disse.

Era la voce più bella che avesse mai udito, dolce e riverberante tra quelle antiche pareti di pietra, sembrava un suono proveniente dal paradiso stesso. Thor rimase scioccato, non sapeva cosa dire né cosa fare. Era tutto reale? Si chiese per un attimo se non si trattasse semplicemente di un’altra delle creazioni della Terra dei Druidi, di un altro sogno, della sua mente che gli stava giocando qualche scherzo. Non vedeva l’ora di abbracciare sua madre da non ricordava neppure quanto tempo e fece un passo verso di lei, determinato a capire se quella fosse solo una visione.

Allungò le braccia per stringerla e temette di abbracciare solo l’aria, che tutto ciò fosse solo un’illusione. Sentì invece che le sue braccia si avvolgevano attorno a lei, sentì che stava abbracciando una persona reale. E lei ricambiava l’abbraccio. Era la sensazione più spettacolare che avesse mai provato.

Lei lo tenne stretto e Thor era estremamente felice che lei fosse una persona reale. Che tutto ciò fosse reale. Che aveva una madre, che lei esisteva veramente e che ora si trovava lì in carne e ossa, in quella terra di illusione e fantasia. E che gli voleva veramente bene.

Dopo un certo tempo si ritrassero e Thor la guardГІ con le lacrime agli occhi, vedendo che anche i suoi erano umidi.

“Sono così orgogliosa di te, figlio mio,” gli disse.

Lui la guardГІ senza parole.

“Hai portato a termine il tuo viaggio,” aggiunse. “Sei degno di trovarti qui. Sei diventato l’uomo che ho sempre saputo saresti stato un giorno.”

Thor la guardava osservando i suoi tratti, ancora sorpreso dal fatto che esistesse veramente e chiedendosi cosa dire. Per tutta la vita aveva sempre avuto così tante domande per lei, ma ora che era lì di fronte a lei aveva un vuoto in mente. Non era neppure sicuro di come cominciare.

“Vieni con me,” disse lei voltandosi, “che ti faccio vedere questo posto, il posto dove sei nato.”

Gli sorrise e gli porse una mano che Thor afferrГІ prontamente.

Camminavano fianco a fianco nel castello: sua madre faceva strada, emanando una luce che rimbalzava contro le pareti. Thor osservava tutto con meraviglia: era il luogo piГ№ bello e splendente che avesse mai visto, con le pareti fatte di oro scintillante, tutto che luccicava, perfetto e surreale. Si sentiva come se fosse giunto a un castello magico in cielo.

Percorsero un lungo corridoio con il soffitto ad arco e la luce che veniva emanata da ogni angolo. Thor abbassГІ lo sguardo e vide che il pavimento era ricoperto di diamanti lisci e luccicanti come milioni di puntini luminosi.

“Perché mi hai lasciato?” le chiese Thor improvvisamente.

Erano le prime parole che diceva e sorpresero addirittura lui stesso. Tra tutte le cose che voleva chiederle, per qualche ragione quella era uscita per prima e provò imbarazzo e vergogna per non aver avuto niente di più carino da dirle. Non aveva intenzione di essere così sfacciato.

Ma il sorriso compassionevole non mutГІ per niente. Lei camminava accanto a lui e lo guardava con un occhi colmi di amore puro. Thor poteva percepire che lo amava e lo accettava, sentiva che non lo giudicava, qualsiasi cosa lui dicesse.

“Hai ragione ad essere arrabbiato con me,” gli disse. “Devo chiederti perdono. Tu e tua sorella significate per me più di qualsiasi altra cosa al mondo. Avrei voluto crescervi qui, ma non potevo. Perché siete tutti e due speciali. Lo siete entrambi.”

Svoltarono in un altro corridoio e sua madre si fermГІ e si voltГІ a guardarlo.

“Non sei solo un druido, Thorgrin, non sei solo un guerriero. Sei il più grande guerriero che sia mai esistito o che mai ci sarà, e anche il più grande druido. Il tuo è un destino speciale, la tua vita è predestinata a grandi cose, molto oltre questo luogo. Sono una vita e un destino che devono essere condivisi con il mondo. È per questo che ti ho liberato. Dovevo liberarti nel mondo perché potessi diventare l’uomo che sei, perché facessi le esperienze necessarie per imparare e diventare il guerriero che sei destinato ad essere.”

Fece un respiro profondo.

“Vedi, Thorgrin, non sono l’isolamento e i privilegi che fanno un guerriero, ma la fatica e le difficoltà, la sofferenza e il dolore. Soprattutto la sofferenza. Mi ha fatto male da morire vederti soffrire, ma paradossalmente era ciò di cui avevi maggior bisogno per diventare l’uomo che ora sei. Capisci, Thorgrin?”

Thor capiva assolutamente, per la prima volta nella sua vita capiva tutto. Per la prima volta tutto aveva senso. PensГІ a tutte le sofferenze che aveva affrontato nel corso della propria vita: crescere senza una madre, considerato come un servo dai suoi fratelli, da un padre che lo odiava, in un villaggio piccolo e soffocante, visto da tutti come nessuno. La sua formazione era stata una lunga scia di oltraggi.

Ma ora iniziava a capire che ne aveva avuto bisogno, che tutta quella fatica e tribolazione aveva una sua ragione d’essere.

“Tutta la tua fatica, la tua indipendenza, il tuo combattere per trovare la tua strada,” aggiunse sua madre, “sono stati il mio dono per te. Il mio dono per renderti più forte.”

Un dono, pensò Thor tra sé e sé. Non ci aveva mai pensato da quel punto di vista. Gli era sempre apparso come la cosa più lontana da un dono, ma ora, ripensandoci, capiva che era esattamente così. Mentre lei parlava lui si rendeva conto che aveva ragione. Tutte le avversità che aveva affrontato nella vita, tutto era stato un dono per farlo diventare ciò che era adesso.

Sua madre si voltò e i due continuarono a camminare uno accanto all’altra attraverso il castello. La mente di Thor vorticava con un milione di domande per lei.

“Sei reale?” le chiese.

Ancora una volta provò vergogna per essere stato così spudorato, ancora una volta si ritrovò a porre una domanda che non si sarebbe aspettato di pronunciare. Eppure provava un immenso desiderio di sapere.

“Questo posto è reale?” aggiunse. “O si tratta solo di un illusione, di una creazione della mia immaginazione come il resto di questa terra?”

Sua madre gli sorrise.

“Sono reale quanto te,” rispose.

Thor annuì, rassicurato dalla risposta.

“È vero che la Terra dei Druidi è un territorio di illusione, una terra magica dentro di te,” aggiunse. “Io sono completamente reale, ma allo stesso tempo – come te – sono un druido. I druidi non sono così attaccati ai luoghi fisici come gli umani. Il che significa che una parte di me vive qui, mentre un’altra parte risiede altrove. Per questo sono sempre con te, anche se tu non puoi vedermi. I druidi sono ovunque e da nessuna parte allo stesso tempo. Inforchiamo direttamente due mondi, diversamente dagli altri.”

“Come Argon,” rispose Thor, ricordando lo sguardo lontano dello stregone, il suo apparire e scomparire, il suo trovarsi dappertutto e da nessuna parte allo stesso tempo.

Lei annuì.

“Sì,” rispose, “proprio come mio fratello.”

Thor sussultГІ scioccato.

“Tuo fratello?” ripeté.

Lei annuì.

“Argon è tuo zio,” disse. “Ti vuole molto bene. Te ne ha sempre voluto. E anche ad Alistair.”

Thor ripensГІ a tutto, sopraffatto.

AggrottГІ la fronte quando gli venne in mente una cosa.

“Ma per me è diverso,” disse. “Non mi sento proprio come te. Io provo maggiore attaccamento a questo posto rispetto a te. Non sono in grado di viaggiare in altri mondi liberamente come Argon.”

“Questo perché sei metà umano,” rispose lei.

Thor riflettГ©.

“Ora mi trovo qui in questo castello, nella mia casa,” disse. “Questa è la mia casa, giusto?”

“Sì,” gli rispose. “Proprio così. La tua vera casa. Proprio come qualsiasi altra casa tu abbia al mondo. Ma i druidi non sono così attaccati al concetto di casa.”

“Quindi se volessi stare qui, vivere qui, potrei?” chiese Thor.

Sua madre scosse la testa.

“No,” disse. “Perché il tuo tempo qui, nella Terra dei Druidi, è limitato. Eri destinato ad arrivare qui, ma puoi visitare la Terra dei Druidi solo una volta. Quando te ne andrai non potrai mai più tornarci. Questo posto, questo castello, tutto ciò che vedi e impari qui, questo luogo dei tuoi sogni che per tanti anni hai visto, sparirà. Come un fiume nel quale non si può entrare due volte.”

“E tu?” chiese Thor improvvisamente spaventato.

Sua madre scosse la testa dolcemente.

“Non rivedrai neppure me. Non in questo modo. Ma sarò sempre con te.”

Thor rimase desolato al solo pensiero.

“Ma non capisco,” disse. “Finalmente ti ho trovata. Ho finalmente trovato questo posto, casa mia. E ora mi dici che è solo per una volta?”

Sua madre sospirГІ.

“La casa di un guerriero è nel mondo,” disse. “È tuo dovere stare là fuori, assistere gli altri, difenderli, e diventare sempre di più un guerriero migliore. Puoi sempre migliorare. I guerrieri non devono stare fermi in un posto, soprattutto non un guerriero con un destino grandioso come il tuo. Incontrerai cose grandiose nella tua vita: castelli grandiosi, città grandiose, popoli grandiosi. Ma non dovrai mai restare attaccato a nulla di tutto ciò. La vita è una grande corrente e devi permetterle di portarti dove deve.”

Thor aggrottò la fronte cercando di capire. C’era così tanto da comprendere.

“Ho sempre pensato che una volta che ti avessi trovata la mia più grossa ricerca sarebbe finita.”

Lei gli sorrise.

“Questa è la natura della vita,” gli rispose. “Ci vengono offerte imprese grandiose oppure siamo noi a scegliercele, e partiamo per portarle a termine. Non immaginiamo mai di poterle compiere veramente, eppure in qualche modo lo facciamo. E una volta che una ricerca è completata in qualche modo ci aspettiamo che la nostra vita sia finita. Ma la nostra vita sta solo iniziando. Scalare un monte è un grande traguardo di per sé, ma porta anche a un altro più grande picco. Compiere un’impresa ti consente di imbarcarti in un’altra, ancora più grande.”

Thor la guardava sorpreso.

“È vero,” gli disse leggendogli nella mente. “L’avermi trovato ti porterà ora a un’altra ricerca, ancora più grande.”

“Quale altra impresa può esserci?” le chiese Thor. “Cosa può esserci di più grandioso di trovare te?”

Lei gli sorrise e i suoi occhi si colmarono di saggezza.

“Non puoi neppure immaginare le imprese che hai davanti,” gli disse. “Alcune persone nascono con una sola impresa da compiere. Alcune altre con nessuna. Ma tu, Thorgrin, sei nato con un destino che ti porterà ad affrontare dodici imprese.

“Dodici?” ripeté Thor esterrefatto.

Lei annuì.

“La Spada della Dinastia è stata una. L’hai portata a termine meravigliosamente. Trovare me è stata un’altra. Per ora ne hai compiute due. Ce ne sono ancora dieci, dieci imprese ancora più grandiose di queste due.”

“Altre dieci?” chiese Thor. “Più grandiose? Come può essere possibile?”

“Permettimi di farti vedere,” gli disse. Gli si avvicinò e gli mise un braccio attorno alle spalle, guidandolo gentilmente lungo il corridoio. Lo fece passare attraverso una splendente porta di zaffiro, entrando in una stanza interamente decorata di verdi e luccicanti zaffiri.

Lo condusse attraverso la stanza fino a un’enorme finestra ad arco fatta di cristallo. Thor si portò accanto a lei e mise una mano sul vetro, sentendo che così doveva fare. In quell’istante le due ante si aprirono delicatamente.

Thor guardò l’oceano, un panorama sconfinato ricoperto da una nebbiolina che in parte lo nascondeva. Una luce bianca veniva emanata da ogni cosa dando la sensazione che fossero arroccati in cima al paradiso stesso.

“Guarda,” gli disse lei. “Dimmi cosa vedi.”

Thor osservò e all’inizio non vide altro che l’oceano e la nebbia bianca. Ma presto la foschia si fece più chiara, l’oceano iniziò a scomparire e le immagini cominciarono a scorrergli davanti agli occhi.

La prima cosa che vide fu suo figlio Guwayne che galleggiava in mare su una piccola barca.

Thor provò un’ondata di panico e il cuore iniziò a battergli più velocemente in petto.

“Guwayne,” disse. “È vero?”

“In questo preciso istante è perduto in mare,” gli disse. “Ha bisogno di te. Trovarlo sarà una delle imprese più grandiose della tua vita.”

Mentre Thor guardava Guwayne che si allontanava, provò un’estrema urgenza di andarsene all’istante da quel posto, di correre verso l’oceano.

“Devo andare da lui! Adesso!”

Sua madre gli pose una mano rassicurante su un braccio.

“Vedi cos’altro devi vedere,” gli disse.

Thor osservò e vide Gwendolyn e il suo popolo: si trovavano accalcati su un’isola rocciosa e si tenevano stretti mentre una barriera di draghi scendeva dal cielo creando il buio su di loro. Vide un’ondata di fuoco, corpi in fiamme, gente che gridava di dolore.

Il suo cuore batteva freneticamente.

“Gwendolyn,” gridò. “Devo andare da lei.”

Sua madre annuì.

“Ha bisogno di te, Thorgrin. Hanno tutti bisogno di te e hanno anche bisogno di una nuova casa.”

Mentre continuava a guardare, Thor vide il panorama trasformarsi e gli apparve davanti agli occhi l’Anello completamente devastato, un paesaggio oscuro e il milione di uomini di Romolo che ne ricoprivano ogni centimetro.

“L’Anello,” disse inorridito. “Non esiste più.”

Thor provava l’ardente desiderio di scappare da lì e andare a salvarli tutti in quel preciso istante.

Sua madre allungГІ una mano e chiuse le vetrate, poi lui si voltГІ a guardarla.

“Quelle sono solo alcune delle imprese che hai davanti,” gli disse. “Tuo figlio ha bisogno di te; Gwendolyn ha bisogno di te, il tuo popolo ha bisogno di te. E oltre a tutto dovrai prepararti al giorno in cui diventerai re.”

Thor sgranГІ gli occhi.

“Io? Re?”

Sua madre annuì.

“È il tuo destino, Thorgrin. Tu sei l’ultima speranza. Sei tu che dovrai diventare re dei druidi.”

“Re dei druidi?” chiese lui cercando di capire. “Ma… non capisco. Pensavo di trovarmi nella Terra dei Druidi.”

“I druidi non vivono più qui,” gli spiegò sua madre. “Siamo una nazione in esilio. Ora vivono in un regno lontano, all’estremità dell’Impero, e sono in grave pericolo. Sei destinato a diventare il loro re. Loro hanno bisogno di te e tu hai bisogno di loro. Complessivamente il tuo potere sarà necessario per sconfiggere un potere tanto grande da essere sconosciuto persino a noi. Una minaccia molto più grande dei draghi.”

Thor la guardava pensieroso.

“Sono così confuso, madre,” ammise.

“Perché il tuo allenamento è ancora incompleto. Hai fatto passi da gigante, ma non hai ancora iniziato neppure a raggiungere i livelli di cui avrai bisogno per diventare un grande guerriero. Non hai neanche ancora visto il guerriero che diverrai.

“E avrai bisogno di tutto il loro allenamento,” continuò. “Affronterai imperi mostruosi, regni più grandi che mai. Incontrerai tiranni selvaggi confronto ai quali Andronico ti sembrerà una nullità.”

Sua madre lo osservГІ, gli occhi colmi di consapevolezza e compassione.

“La vita è sempre più grande di quanto immagini, Thorgrin,” continuò. “Sempre più grande. L’Anello ai tuoi occhi è un grande regno, il centro del mondo. Ma si tratta invece di un piccolo regno se paragonato al resto del mondo. Non è che un puntolino nell’Impero. Ci sono mondi, Thorgrin, che vanno oltre ciò che puoi immaginare, più grandi di quanto tu abbia mai visto. Non hai neppure iniziato a vivere, ancora.” Fece una pausa. “Avrai bisogno di questo.”

Thor abbassò lo sguardo sentendo qualcosa attorno al suo polso e vide che sua madre stava stringendo un bracciale spesso diversi centimetri che gli copriva tutto il polso. Era di oro luccicante con un unico diamante al centro. Era l’oggetto più bello e potente che avesse mai visto e mentre lo teneva al polso sentiva il suo potere che gli scorreva dentro, pulsando.

“Fino a che indosserai questo,” gli disse, “nessun uomo nato da donna potrà farti del male.”

Thor la guardò e nella sua mente si susseguirono le immagini che aveva scorto oltre quelle vetrate di cristallo. Provò l’urgente necessità di andare di Guwayne, di salvare Gwendolyn, di salvare il suo popolo.

Ma una parte di lui non voleva andarsene. Quello era il posto dei suoi sogni e lui non avrebbe potuto farvi ritorno mai piГ№. Non voleva lasciare sua madre.

OsservГІ il braccialetto, sentendosi pervadere dal suo potere. Era come portare in sГ© un pezzo di sua madre.

“È per questo che dovevamo incontrarci?” le chiese Thor. “Così che potessi darmi questo?”

Lei annuì.

“E cosa più importante,” disse, “perché potessi darti il mio amore. In quanto guerriero devi imparare ad odiare. Ma è ugualmente importante imparare ad amare. L’amore è la forza più importante fra le due. L’odio può uccidere un uomo, ma l’amore può sollevarlo, e c’è più potere nel guarire che nell’uccidere. Devi conoscere l’odio ma devi conoscere anche l’amore, e soprattutto devi sapere quando scegliere l’uno piuttosto che l’altro. Devi imparare non solo ad amare ma, cosa più importante, a concederti di ricevere l’amore. Proprio come abbiamo bisogno di mangiare, abbiamo anche bisogno dell’amore. Devi sapere quanto ti amo. Quanto ti accetto. Quanto sono orgogliosa di te. Devi sapere che sono sempre con te. E devi sapere che ci incontreremo di nuovo. Nel frattempo permetti al mio amore di sostenerti. E, cosa più importante, permetti a te stesso di amarti e accettarti.”

La madre di Thor fece un passo avanti e lo abbracciò. Lui ricambiò l’abbraccio. Si stava così bene stretti a lei, sapere che aveva una madre, una madre vera che esisteva sul serio. Mentre la abbracciava si sentiva riempire di amore e si sentiva sorretto, rinato, pronto ad affrontare qualsiasi cosa.

Thor si ritrasse le la guardГІ negli occhi. Erano i suoi stessi occhi, grigi e luccicanti.

Lei gli pose entrambe le mani sulla testa, si chinГІ in avanti e gli baciГІ la fronte. Thor chiuse gli occhi e desiderГІ che quel momento non finisse mai.

Poi sentì un’improvvisa brezza fredda sulle braccia, sentì il rumore delle onde che si infrangevano, percepì l’umidità dell’oceano. Aprì gli occhi e si guardò attorno sorpreso.

Sua madre era sparita. Il castello era sparito. La scogliera era sparita. Guardò ovunque e vide che si trovava su una spiaggia, la spiaggia scarlatta che si trovava all’ingresso della Terra dei Druidi. In qualche modo era uscito. Ed era solo.

Sua madre era svanita.

Thor si guardò il polso e fissò il suo nuovo bracciale dorato con il diamante nero al centro e si sentì trasformato. Sentiva che sua madre era con lui, sentiva il suo amore, si sentiva capace di conquistare il mondo. Si sentiva più forte che mai. Si sentiva pronto ad andare in battaglia contro qualsiasi nemico, per salvare sua moglie e suo figlio.

Udendo un mugolio Thor si voltГІ e fu felice di vedere Micople poco distante da lui che apriva lentamente le grandi ali. Faceva le fusa e camminava verso di lui. Thor sentiva che anche lei era pronta.

Mentre gli si avvicinava, Thor abbassГІ lo sguardo e fu scioccato nel vedere qualcosa sulla spiaggia, qualcosa che era stato nascosto sotto Micople. Era grande e rotondo. Thor guardГІ meglio e vide che era un uovo.

Un uovo di drago.

Micople guardò Thor e Thor ricambiò lo sguardo, scioccato. Micople si voltò a guardare tristemente l’uovo, come se non volesse lasciarlo ma sapendo che doveva. Thor guardava l’uovo con meraviglia e si chiese che genere di drago potesse nascere da Micople e Ralibar. Sentiva che sarebbe potuto essere il più grandioso drago mai esistito.

Montò in groppa a Micople e entrambi si voltarono per dare un’ultima lunga occhiata alla Terra dei Druidi, quel luogo misterioso che aveva accolto Thor e ora lo respingeva. Era un luogo che Thor ammirava, un posto che non avrebbe mai compreso del tutto.

Thor si voltГІ poi a guardare il grande oceano di fronte a loro.

“È tempo di guerra, amica mia,” disse a Micople con voce tonante, fiduciosa, la voce di un uomo, di un guerriero, di un futuro re.

Micople gracchiò, sollevò le ali e le sbatté sollevandosi in volo verso il cielo, al di sopra dell’oceano, lontano da quel mondo, diretta verso Guwayne, verso Gwendolyn, verso Romolo, verso i suoi draghi, verso la battaglia della vita per Thor.




CAPITOLO QUATTRO


Romolo si trovava sulla prua della sua nave, la prima della flotta, con migliaia di altre navi dell’Impero al suo seguito, e guardava verso l’orizzonte con estrema soddisfazione. In alto sopra di lui volavano i suoi draghi che riempivano l’aria dei loro versi, lottando contro Ralibar. Romolo si teneva stretto al corrimano della nave mentre guardava, affondando nel legno le lunghe unghie, mentre guardava le sue bestie attaccare Ralibar e spingerlo nell’oceano, tenendolo poi sott’acqua.

Romolo gridò di gioia e strinse il corrimano con tale forza da spezzarlo quando vide uscire i suoi draghi dall’oceano, vittoriosi, senza lasciarsi alle spalle alcun segno di Ralibar. Romolo sollevò le mani al cielo e si chinò in avanti sentendo il potere che gli ardeva nei palmi.

“Andate, draghi miei,” sussurrò con occhi scintillanti. “Andate.”

Non aveva quasi finito di pronunciare quelle parole che i suoi draghi subito si erano girati e avevano messo gli occhi sulle Isole Superiori: si lanciarono in avanti, gracchiando e aprendo le loro grandi ali. Romolo sentiva che era lui a controllarli, si sentiva invincibile, capace di manovrare ogni cosa nell’universo. Dopotutto la luna era ancora a suo favore. Il suo momento di potere sarebbe presto terminato, ma intanto niente al mondo poteva fermarlo.

Gli si accesero gli occhi quando vide i draghi dirigersi verso le Isole Superiori, quando vide in lontananza uomini, donne e bambini correre e gridare per fuggire dalla loro traiettoria. Guardò con piacere mentre le fiamme iniziavano a scendere, la gente bruciava viva e l’intera isola si trasformava in un’enorme palla di fuoco e distruzione. Si godette lo spettacolo di quel luogo che veniva distrutto, proprio nello stesso modo in cui era stato distrutto l’Anello.

Gwendolyn era riuscita a scappargli, ma questa volta non c’era via di fuga per lei. Alla fine l’ultima dei MacGil sarebbe stata schiacciata per sempre sotto il suo pugno. Alla fine non sarebbe rimasto angolo dell’universo che non fosse sotto il suo controllo.

Romolo si voltò per guardarsi alle spalle, alle migliaia di navi, alla sua immensa flotta che riempiva l’orizzonte. Fece un respiro profondo, sollevò la testa guardando il cielo, alzò le mani portando le braccia in fuori e lanciò un grido di vittoria.




CAPITOLO CINQUE


Gwendolyn si trovava nella cavernosa cantina sotterranea insieme a decine di persone ammucchiate là sotto, ascoltando il terremoto e l’incendio che stava dilagando sopra di loro. Il suo corpo rabbrividiva ad ogni rumore. La terra tremava tanto da farli spesso barcollare o cadere mentre fuori enormi pezzi di macerie sbattevano contro il terreno come giocattoli per i draghi. Il suono di quel precipitare e riecheggiare risuonava senza sosta nelle orecchie di Gwen, facendola sentire come se tutto il mondo fosse in fase di distruzione.

Il calore divenne sempre più intenso sottoterra man mano che i draghi sputavano fuoco contro le porte d’acciaio, come se sapessero che loro erano nascosti là sotto. Le fiamme fortunatamente venivano bloccate dall’acciaio, ma il fumo nero filtrava all’interno e rendeva difficile respirare. Tutti tossivano sempre di più.

Si udì un orribile rumore di pietra che sbatteva contro il metallo e Gwen vide che le porte d’acciaio venivano piegate e scosse fin quasi a cedere. Chiaramente i draghi sapevano che loro si trovavano lì e stavano facendo del loro meglio per entrare.

“Quanto terranno ancora le porte?” chiese Gwen a Mati che le stava vicino.

“Non ne ho idea,” le rispose. “Mio padre ha fatto costruire queste cantine sotterranee per far fronte agli attacchi dei nemici, non dei draghi. Non penso che resisteranno ancora a lungo.”

Gwendolyn sentiva la morte che si faceva sempre piГ№ vicina man mano che la stanza diventava sempre piГ№ calda. Si sentiva come in una terra bruciata. Il fumo rendeva sempre piГ№ difficile anche vedere e il pavimento tremava mentre le macerie cadevano ripetutamente sopra le loro teste sotto forma di piccoli pezzi di pietra e polvere che si staccavano dal soffitto.

Gwen si guardò attorno scrutando i volti terrorizzati di tutti coloro che si trovavano lì con lei: non poteva fare a meno di chiedersi se, ritirandosi là sotto, si fossero destinati a una morte lenta e dolorosa. Stava iniziando infatti a pensare che magari tutti coloro che erano morti in superficie fossero stati più fortunati.

Improvvisamente vi fu una tregua, come se i draghi fossero volati altrove. Gwen fu sorpresa e si chiese cosa stessero tramando, quando pochi attimi dopo udì un tremendo schianto di roccia contro il suolo che si scosse con una tale forza da far cadere tutti nella stanza. Il tonfo era avvenuto lontano e venne seguito da altri due scossoni, come di una frana di roccia.

“La fortezza di Tiro,” disse Kendrick avvicinandosi a Gwen. “Devono averla distrutta.”

Gwen guardò verso il soffitto e si rese conto che suo fratello aveva probabilmente ragione. Cos’altro avrebbe potuto spiegare una tale valanga di roccia? Chiaramente i draghi erano infuriati, decisi a distruggere qualsiasi cosa fino all’ultimo sull’isola. Sapeva che era solo questione di tempo e poi avrebbero fatto irruzione anche lì.

Nell’improvvisa calma Gwen fu scioccata di sentire l’acuto pianto di un bambino squarciare l’aria. Quel suono la perforò come un coltello conficcato nel petto. Non poté fare a meno di pensare immediatamente a Guwayne e mentre il grido, da qualche parte in superficie, si faceva sempre più forte, una parte di lei, ancora distrutta, si convinse che si trattava sicuramente di Guwayne che la chiamava. Sapeva razionalmente che non era possibile: suo figlio era in mezzo all’oceano, lontano da lì. Eppure il cuore le diceva che era così.

“Il mio bambino,” gridò Gwen. “È lassù. Devo salvarlo!”

Gwen corse verso i gradini ma improvvisamente sentì una mano forte che la tratteneva.

Si voltГІ e vide suo fratello Reece che la bloccava.

“Mia signora,” disse, “Guwayne è lontano da qui. Quello è il pianto di un altro bambino.”

Gwen non avrebbe voluto altro che fosse vero.

“È pur sempre un bambino,” disse. “È tutto solo lassù. Non posso lasciarlo morire.”

“Se salissi in superficie,” disse Kendrick facendosi avanti e tossendo tra la fuliggine, “dovremmo chiudere le porte alle tue spalle e ti troveresti sola. Moriresti là sopra.”

Gwen non riusciva a pensare con chiarezza. Nella sua mente c’era un bimbo vivo lassù, tutto solo, e sapeva che doveva salvarlo a qualunque costo.

Gwen diede uno strattone e liberГІ il braccio dalla stretta di Reece, scattando verso le scale. Fece tre gradini alla volta e prima che chiunque altro potesse raggiungerla, tirГІ la sbarra di metallo che teneva le porte chiuse. Si appoggiГІ poi ad esse con la spalla e spinse con tutte le sue forze sollevando le mani.

Gridò di dolore facendo così, dato che il metallo era talmente caldo da ustionarle il palmi. Si ritrasse di scatto, ma imperterrita si coprì le mani con le maniche e spinse di nuovo le porte spalancandole.

Gwendolyn tossì furiosamente facendo irruzione nella luce del giorno, avvolta da nuvole di fumo che emersero da sottoterra insieme a lei. Mentre balzava in superficie strizzò gli occhi per guardare controluce, poi si diede un’occhiata attorno portandosi una mano sopra gli occhi. Rimase scioccata dall’ondata di distruzione che le si presentò davanti. Tutto ciò che poco prima era in piedi era stato ora raso al suolo, ridotto in mucchi di fumo e macerie abbrustolite.

Le grida del bambino si levarono di nuovo, più forti udite da lì, e Gwen si guardò in giro aspettando che le nuvole di fumo si dissolvessero. Quando poté vedere meglio scorse dalla parte opposta della corte un bambino a terra, avvolto un una coperta. Accanto a lui giacevano i genitori, arsi vivi e ora morti. In qualche modo il neonato era riuscito a sopravvivere. Forse, pensò Gwen con estremo dolore e commiserazione, la madre era morta facendo schermo con il proprio corpo per proteggerlo dalle fiamme.

Improvvisamente Kendrick, Reece, Godfrey e Steffen apparvero accanto a lei.

“Mia signora, devi tornare indietro!” la implorò Steffen. “Morirai quassù!”

“Il bambino,” disse Gwen. “Devo salvarlo.”

“Non puoi,” insistette Godfrey. “Non ce la farai mai a tornare indietro viva!”

A Gwen non importava più. La sua mente era completamente attratta e concentrata su quell’obiettivo e tutto ciò che vedeva e a cui riusciva a pensare era il bambino. Aveva estraniato tutto il resto del mondo e sapeva che aveva bisogno di salvarlo tanto quanto le serviva respirare.

Gli altri cercarono di afferrarla, ma Gwen era determinata: si liberГІ dalla loro presa e si lanciГІ verso il bambino.

Corse con tutte le sue forze, con il cuore che le martellava in petto mentre procedeva a grandi balzi tra le macerie, attraverso le nuvole nere che si levavano attorno a lei insieme ai resti delle fiamme. Il fumo nero faceva da schermo e fortunatamente per lei i draghi non riuscivano ancora a vederla. AttraversГІ il cortile di corsa, attraverso le nuvole, vedendo solo il bambino e udendo solo le sue grida.

ContinuГІ a correre, con i polmoni che le bruciavano, fino a che lo raggiunse. Si abbassГІ e lo sollevГІ da terra esaminando subito il suo volto, come se una parte di lei si aspettasse di vedere Guwayne.

Fu delusa quando constatГІ che non era lui ma che si trattava di una bimba. Aveva bellissimi e grandi occhi blu pieni di lacrime, piangeva e tremava, le mani serrate in stretti pugni. Eppure Gwen era comunque felice di poter stringere un bambino, si sentiva come se in qualche modo stesse pagando ammenda per aver mandato via Guwayne. E poteva giГ  vedere che, pur avendole dato solo una fugace occhiata negli occhi luccicanti, quella bambina era bellissima.

Le nuvole di fumo si sollevarono e Gwendolyn improvvisamente si ritrovò esposta nell’estremità opposta del cortile, con una bambina che si dimenava tra le braccia. Sollevò lo sguardo e vide, a neanche cento metri da lei, una decina di furiosi draghi con occhi enormi e scintillanti che si voltavano e la guardavano. Posero il loro sguardo su di lei con gioia e rabbia allo stesso tempo e Gwen capì subito che si stavano già preparando a ucciderla.

I draghi si lanciarono in aria, sbattendo le enormi ali, così grandi da quella distanza, dirigendosi verso di lei. Gwen si preparò, rimanendo ferma lì e stringendo la bambina, sapendo che non avrebbe mai fatto in tempo a tornare al rifugio.

Improvvisamente si udì il suono di spade che venivano sguainate e Gwen si voltò vedendo i suoi fratelli – Reece, Kendrick e Godfrey – insieme a Steffen, Brandt, Atme e gli altri membri della Legione, accanto a lei con spade e scudi in mano, tutti pronti a difenderla. Gwen fu estremamente commossa e spronata dal loro coraggio.

I draghi si tuffarono contro di loro, aprendo le enormi fauci e tutti si prepararono all’inevitabile ondata di fuoco che li avrebbe uccisi. Gwen chiuse gli occhi e vide suo padre, vide tutti coloro che erano stati importanti per lei nella sua vita, preparandosi a incontrarli di nuovo.

Improvvisamente si udì un grido terrificante e Gwen rabbrividì, convinta che fosse il primo attacco.

Ma poi si rese conto che era un verso diverso, un verso che conosceva: il verso di una vecchia amica.

Gwen sollevò gli occhi al cielo alle sue spalle e fu sopraffatta dalla sorpresa quando scorse un drago solitario che volava nel cielo, lanciandosi in battaglia contro quelli che le si stavano avvicinando. E fu ancora più felice di vedere, sul dorso di quel drago, l’uomo che amava più di ogni altra cosa al mondo: Thorgrin.

Era tornato.




CAPITOLO SEI


Thor sedeva in groppa a Micople e sfrecciava con lei tra le nuvole, così veloce da fare fatica a respirare, dirigendosi verso l’esercito di draghi, pronti a combattere. Il bracciale di Thor pulsava al suo polso e lui si sentiva come se suo madre gli avesse infuso un nuovo potere difficile da comprendere: era come se ci fosse un limitato senso di spazio e tempo. Thor aveva appena fatto a tempo a pensare di tornare indietro, di levarsi in volo dalle coste dell’Isola dei Druidi, che già si veniva improvvisamente a trovare al di sopra delle Isole Superiori, diretto verso quel covo di draghi. Gli sembrava di essere stato trasportato lì per magia, come se avessero viaggiato tramite un vuoto spazio-temporale, come se sua madre li avesse lanciati lì, avesse loro permesso di raggiungere in qualche modo l’impossibile, di volare più veloci che mai. Era come se sua madre l’avesse dotato di incredibile velocità.

Mentre strizzava gli occhi nel mezzo della coltre di nubi, gli apparvero gli immensi draghi che accerchiavano le Isole Superiori, tuffandosi verso il basso e preparandosi a fare fuoco. Thor guardò in basso e il cuore gli sprofondò nel petto vedendo che l’isola era già ricoperta dalle fiamme e tutto era stato raso al suolo. Si chiese con timore se qualcuno fosse riuscito a sopravvivere, ma non vedeva come avessero potuto. Era arrivato troppo tardi?

Ma quando Micople si abbassГІ avvicinandosi sempre piГ№ a terra, Thor strizzГІ gli occhi e vide una singola persona la cui vista lo attirГІ come un magnete non appena la riconobbe in quella confusione: Gwendolyn.

Era lì, la sua futura moglie, coraggiosamente in piedi nel mezzo del cortile, temeraria, stringendo un bambino al petto, circondata da tutti quelli che Thor amava, tutti pronti a proteggerla sollevando i solo scudi verso il cielo mentre i draghi si lanciavano contro di loro attaccandoli. Thor guardò con orrore i draghi che aprivano le loro enormi fauci e si preparavano a lanciare fiamme che – lo sapeva bene – in un solo momento avrebbero eliminato completamente Gwendolyn e tutti quelli cui voleva bene.

“SCENDI!” gridò Thor a Micople.

Micople non aveva bisogno di essere incoraggiata: volò più veloce di quanto Thor potesse immaginare, così veloce da non riuscire quasi a respirare, e lui si tenne con tutte le forze rischiando quasi di cadere. In pochi momenti raggiunsero i tre draghi che stavano per attaccare Gwendolyn e con un grande ruggito e la bocca aperta, gli artigli protesi in avanti, Micople attaccò le ignare bestie.

AndГІ a sbattere contro i tre draghi trasportata dallo slancio acquistato nella picchiata, atterrando sui loro dorsi, artigliandone uno, mordendone un altro e colpendo il terzo con le ali. Li fermГІ giusto un attimo prima che lanciassero le fiamme e li spinse con il muso al suolo.

Andarono tutti a sbattere contro terra contemporaneamente e si levò un grosso polverone mentre Micople spingeva i loro musi sottoterra fino a incastrarli così profondamente da lasciare in superficie solo i loro artigli. Quando giunsero a terra Thor si voltò e vide l’espressione scioccata di Gwendolyn, ringraziando Dio per averla salvata giusto in tempo.

Si levГІ un forte ruggito e Thor riportГІ lo sguardo al cielo vedendo un gruppo di draghi alla carica in veloce avvicinamento.

Micople si stava già voltando per volare verso l’alto, lanciandosi contro i draghi senza alcuna paura. Thor era senza armi ma si sentiva diverso rispetto a tutte le altre volte che era entrato in battaglia: per la prima volta nella sua vita sentiva di non avere bisogno di armi. Sapeva di poter chiamare a raccolta e contare sui poteri che c’erano dentro di lui. La sua vera forza. Il potere di cui sua madre lo aveva dotato.

Mentre si avvicinavano Thor sollevò il polso con il bracciale dorato e una luce venne immediatamente proiettata dal diamante nero al centro. La luce gialla avvolse i draghi più vicini a loro, al centro del gruppo, e li spinse indietro facendoli volare in aria, verso l’alto, fino a sbattere l’uno contro l’altro.

Micople, infuriata, determinata a scatenare l’inferno, si tuffò temerariamente contro il gruppo di draghi, duellando e artigliando facendosi strada, affondando i denti nel collo di uno, spingendo un altro. Ne respinse molti nella sua avanzata. Rimase aggrappata a uno di essi fino a che questo si afflosciò, poi lo lasciò cadere. Il drago precipitò a terra come un enorme macigno che cadeva dal cielo e colpì il suolo facendolo tremare. Thor sentì l’impatto anche da lì, una sorta di nuovo terremoto sotto di loro.

Abbassò lo sguardo e vide Gwen e gli altri che correvano al riparo. Capì che doveva dirigere tutti quei draghi lontano dall’isola, lontano da Gwendolyn, in modo da concedere loro una possibilità di fuga. Se avesse condotto i draghi in mare aperto, probabilmente avrebbe potuto farli allontanare e combattere con loro là fuori.

“Verso l’oceano!” gridò Thor.

Micople seguì il suo ordine e si voltò volando attraverso il gruppo di draghi, continuando alle loro spalle.

Thor si voltò udendo un ruggito e percependo un lontano calore di fiamme lanciate verso di lui. Fu soddisfatto di vedere che il suo piano funzionava: tutti i draghi abbandonarono le Isole Superiori e lo seguivano ora verso il mare aperto. In lontananza, in basso, Thor scorse la flotta di Romolo che ammantava il mare e capì che se anche fosse in qualche modo sopravvissuto contro i draghi, avrebbe dovuto affrontare anche quel milione di uomini da solo. Sapeva che probabilmente non sarebbe sopravvissuto a un tale scontro. Ma almeno avrebbe guadagnato un po’ di tempo per gli altri.

Almeno Gwendolyn avrebbe potuto farcela.


*

Gwen si trovava nel cortile devastato e bruciato di ciò che rimaneva della corte di Tiro, stringendo sempre la bambina al petto e guardando il cielo con stupore e sollievo, ma allo stesso tempo con tristezza. Il cuore le si era colmato di gioia nel rivedere Thor, l’amore della sua vita, vivo, di nuovo a casa nientemeno che con Micople. Con lui lì, si sentiva come se le fosse stata restituita una parte di se stessa, aveva la sensazione che ogni cosa fosse possibile. Provava qualcosa che non sentiva da tempo: la volontà di continuare a vivere.

I suoi uomini abbassarono lentamente gli scudi e guardarono i draghi che si voltavano e si allontanavano, lasciando finalmente le Isole e dirigendosi verso il mare aperto. Gwen si guardò attorno e vide la devastazione che era rimasta, le enormi pile di macerie, le fiamme ovunque, i draghi morti che giacevano al suolo. Sembrava un’isola devastata dalla guerra.

Vide anche quelli che dovevano essere stati i genitori della bambina, due cadaveri che giacevano uno accanto all’altro, proprio dove Gwen aveva trovato la piccola. Gwen guardò la bambina negli occhi e si rese conto che lei era tutto ciò che le era rimasto al mondo. La strinse a sé.

“Questa è la nostra occasione, mia signora!” disse Kendrick. “Dobbiamo andarcene ora!”

“I draghi sono distratti,” aggiunse Godfrey. “Almeno per ora. Chissà quando torneranno. Dobbiamo lasciare questo posto all’istante.”

“Ma l’Anello non esiste più,” disse Aberthol. “Dove andremo?”

“In qualsiasi posto ma non qui,” rispose Kendrick.

Gwen udiva le loro parole, ma quelle risuonavano lontane nella sua mente. Si voltГІ invece a scrutare il cielo, guardando Thor che volava via, lontano. ProvГІ immensa nostalgia.

“E Thorgrin?” chiese. “Lo lasceremo qui, da solo?”

Kendrick e gli altri la guardarono con espressione seria, tutti afflitti. Era evidente che il pensiero disturbava anche loro.

“Combatteremmo con Thor fino alla morte se potessimo, mia signora,” disse Reece. “Ma non possiamo. Lui è in cielo, al di sopra del mare, lontano da qui. Nessuno di noi ha un drago. E non abbiamo neppure i suoi poteri. Non possiamo aiutarlo. Ora dobbiamo offrire il nostro aiuto a chi possiamo. È questo ciò per cui Thor si è sacrificato. È per questo che Thor ha offerto la sua vita. Dobbiamo cogliere l’occasione che lui stesso ci ha dato.”

“Ciò che rimane della nostra flotta si trova dalla parte opposta dell’isola,” aggiunse Srog. “È stato saggio da parte tua nascondere quelle navi. Ora dobbiamo usarle. Chiunque sia rimasto del nostro popolo deve essere portato con noi e dobbiamo lasciare quest’isola all’istante, prima del loro ritorno.”

Nella mente di Gwendolyn vorticavano emozioni contrastanti. Voleva fortemente andare a salvare Thor, ma allo stesso tempo sapeva che aspettando lì, con tutta quella gente, non avrebbe fatto nulla di buono. Gli altri avevano ragione: Thor aveva appena offerto la sua vita per la loro salvezza. Le sue azioni non sarebbero valse a nulla se non avesse almeno tentato di salvare quella gente mentre ne aveva la possibilità.

Un altro pensiero era in agguato nella mente di Gwen: Guwayne. Se ora se ne fossero andati, dirigendosi velocemente verso il mare aperto, magari avrebbe potuto trovarlo. E il pensiero di rivedere suo figlio la riempiva di nuova vita.

Alla fine Gwen annuì, tenendo la bambina in braccio e preparandosi a muoversi.

“Va bene,” disse. “Andiamo a trovare mio figlio.”


*

Il ruggito dei draghi si faceva sempre più forte dietro a Thor man mano che il gruppo si faceva più vicino, rincorrendoli mentre lui e Micople volavano sempre più lontano verso il mare aperto. Thor sentì un’ondata di fuoco avvampargli vicino alla schiena quasi avvolgendoli e capì che se non avesse presto fatto qualcosa sarebbe morto.

Chiuse gli occhi, non più timoroso di richiamare i poteri dentro di sé, non sentendo più la necessità di fare affidamento sulle sue armi materiali. Quando chiuse gli occhi ricordò il tempo trascorso nella Terra dei Druidi, ricordò quanto potente era stato, quanto era stato in grado di influenzare ogni cosa attorno a sé con la sua mente. Ricordò che il potere dentro di sé e tutto l’universo fisico attorno a lui erano un’estensione della sua mente.

Thor impose alla propria mente di portare il potere interiore in superficie e immaginГІ un grandioso muro di ghiaccio dietro di sГ© a fargli da scudo contro il fuoco, proteggendolo. ImmaginГІ se stesso e Micople avvolti da una bolla, al sicuro dalle fiamme dei draghi.

Aprì gli occhi e fu stupito di sentirsi avvolto dal freddo e di vedere un’enorme parete di ghiaccio attorno a sé, proprio come aveva visualizzato, spessa quasi un metro e di un colore blu brillante. Si voltò a guardare le fiamme dei draghi avvicinarsi ed essere bloccate dal muro di ghiaccio. Il fuoco sibilò e grosse nuvole di vapore si levarono in alto. I draghi erano furiosi.

Thor ruotò mentre il muro di ghiaccio si scioglieva e decise di affrontare l’esercito di draghi a testa alta. Micople volò temerariamente tra i draghi nemici che evidentemente non si aspettavano quell’attacco.

Micople si lanciò in avanti, allungò gli artigli, afferrò un drago al muso, lo fece roteare e lo scagliò lontano. Il drago precipitò ruotando sottosopra, perdendo il controllo e andando a finire nell’oceano sotto di loro.

Prima di potersi riorganizzare Micople venne attaccata da un altro drago che le affondò le zanne nel fianco. Micople gridò e Thor reagì immediatamente. Saltò dalla schiena di Micople al naso del drago nemico e corse lungo la sua testa e il suo collo portandosi sul suo dorso. Il drago tenne salda la morsa addosso a Micople, dimenandosi selvaggiamente per disarcionare Thor, ma lui si tenne stretto cercando di rimanere in groppa.

Micople sbandò in avanti e con le sue zanne riuscì ad addentare la coda di un altro avversario, tirando con tutta la sua forza. Il drago strillò e precipitò verso l’oceano. Non aveva neanche finito con lui che Micople venne colpita da diversi altri draghi che le morsero le zampe.

Thor nel frattempo si teneva ancora stretto al drago e cercava di prenderne il controllo. Si sforzò di restare calmo e di ricordare che era tutta una questione di mente. Poteva percepire il potere pazzesco di quella bestia antica e primordiale irradiare dalle sue vene. Quando chiuse gli occhi smise di opporre resistenza e iniziò a sentirsi in sintonia con lui. Sentiva il suo cuore, il suo battito, la sua mente. Si sentì diventare tutt’uno con lui.

Thor aprì gli occhi e anche il drago fece lo stesso: i suoi avevano ora un colore differente. Thor vedeva il mondo attraverso gli occhi del drago: quella bestia ostile era diventata una sua estensione. Quello che vedeva il drago lo vedeva anche Thor. Thor gli dava degli ordini e lui lo ascoltava.

Il drago, comandato da Thor, rilasciГІ la presa su Micople. Poi ringhiГІ e sbandГІ di lato, affondando i denti contro i tre draghi che stavano attaccando Micople e facendoli a pezzi.

Gli altri draghi vennero presi alla sprovvista: chiaramente non si aspettavano che uno di loro li attaccasse. Prima che potessero riorganizzarsi Thor ne aveva già attaccati una decina, utilizzando quel drago per calarsi sui loro colli, prendendoli senza che se ne rendessero conto e ferendoli uno dopo l’altro. Poi si tuffò contro altri tre e ordinò al drago di mordere le loro ali, staccandogliele dal corpo e facendoli precipitare in mare.

Improvvisamente Thor venne attaccato di lato senza vedere il suo aggressore. Il drago aprì le fauci e affondò i suoi denti su Thor stesso.

Thor gridò mentre un dente lungo e affilato gli perforava la cassa toracica facendolo cadere dal suo drago e precipitare in aria. Thor si sentì cadere verso l’oceano, ferito, e si rese conto che stava per morire.

Con la coda dell’occhio scorse Micople che si tuffava verso di lui. Subito dopo si trovò ad atterrare sulla sua schiena: la sua vecchia amica l’aveva salvato. I due erano di nuovo insieme, entrambi feriti.

Thor, con il fiatone e tenendosi strette le costole, osservò i danni procurati: una decina di draghi ora giacevano morti o mutilati, galleggiando nell’oceano. Avevano fatto un bel lavoro solo in due, molto meglio di quanto avesse immaginato.

Ma Thor udì uno strillo tremendo e sollevando lo sguardo vide diverse decine di draghi che erano rimasti. Respirando affannosamente si rese conto che era stato un combattimento coraggioso, eppure le loro possibilità di vittoria apparivano misere. Ma non esitò: volò temerariamente verso l’alto, dritto contro i draghi che li sfidavano.

Micople strillò e sputò fiamme mentre loro facevano altrettanto contro Thor. Thor usò i suoi poteri di nuovo per creare un muro di ghiaccio davanti a sé, fermando momentaneamente le fiamme dei draghi. Si tenne stretto a Micople quando andò a sbattere contro il gruppo, mentre lei mordeva, artigliava e colpiva, combattendo per la sopravvivenza. Venne ferita ma questo non la rallentò e non la trattenne dal continuare a ferire i draghi che la circondavano. Thor, unendosi al combattimento, sollevò il bracciale e lo puntò contro un drago dopo l’altro. una luce bianca venne proiettata in avanti andando ad abbattere tutte le bestie, allontanandole da Micople mentre lei lottava.

Thor e Micople continuarono a combattere, entrambi ricoperti di ferite, sanguinanti ed esausti.

Eppure restavano decine di altri draghi.

Mentre Thor teneva il braccialetto in alto sentiva che il potere iniziava ad attenuarsi: sembrava che le forze iniziassero ad abbandonarlo. Era forte, lo sapeva, ma non ancora a sufficienza. Capì che non avrebbe potuto sostenere quel combattimento fino alla fine.

Thor sollevГІ lo sguardo e vide le grandi ali che andavano a sbattergli in faccia, seguite da lunghi artigli affilati che guardГІ conficcarsi nella gola di Micople senza poter fare nulla per evitarlo. Thor si tenne stretto mentre il drago afferrava Micople e la teneva saldamente affondando le zanne nella sua coda e facendola roteare per poi scagliarla via.

Thor si tenne stretto mentre lui e Micople roteavano in aria: Micople ruotò sottosopra ed entrambi precipitarono verso l’oceano perdendo il controllo.

Atterrarono in acqua, sempre con Thor saldamente afferrato a lei, e finirono sotto la superficie. Thor si dimenò sott’acqua fino a che il loro slancio si esaurì. Micople si voltò e nuotò verso la superficie, seguendo la luce del sole.

Quando riemersero Thor fece un respiro profondo, ansimando e nuotando nell’acqua gelida mentre ancora si teneva a Micople. I due galleggiarono in acqua e guardando di lato Thor vide qualcosa che non si sarebbe mai dimenticato: a galleggiare poco distante da lui, con gli occhi aperti, morto, c’era un drago cui aveva imparato a voler bene. Ralibar.

Micople lo scorse nello stesso istante e in quel momento qualcosa accadde in lei, qualcosa che Thor non aveva mai visto: levò un fortissimo gemito di dolore e sollevò le ali in aria, allungandole del tutto. Tutto il suo corpo tremò mentre emetteva quell’ululato terribile, scuotendo l’universo. Thor vide che i suoi occhi cambiavano diventando di un colore diverso fino a che iniziarono a brillare di giallo e bianco.

Micople si voltò, un drago diverso ora, e sollevò lo sguardo verso il gruppo di draghi che scendeva verso di loro. Thor capì che qualcosa in lei si era spezzato. Il suo lamento si era trasformato in rabbia e le aveva dato un potere diverso dal precedente. Era un drago posseduto.

Micople si lanciò in cielo, con le ferite sanguinanti ma senza curarsene. Thor sentì una nuova esplosione di energia proprio come lei, accompagnata da un forte desiderio di vendetta. Ralibar era stato un caro amico, aveva sacrificato la sua vita per tutti loro e Thor era determinato a fare giustizia.

Mentre correvano verso di loro Thor si lanciò dalla schiena di Micople e atterrò sul muso del drago più vicino aggrappandosi ad esso e serrandogli la mandibola in un abbraccio. Thor chiamò a raccolta tutto il potere che gli era rimasto e fece roteare il drago in aria per poi lanciarlo via con tutta la sua forza. Il drago volò via andando a sbattere e trascinando con sé altri due draghi. Tutti e tre precipitarono poi nell’oceano.

Micople ruotò e recuperò Thor mentre cadeva, facendolo atterrare sulla sua schiena mentre si avventava contro i draghi che erano rimasti. Rispose ai loro ruggiti con i suoi, mordendo più forte, volando più veloce e colpendo più a fondo di loro. Più la ferivano e meno lei sembrava curarsene. Era un’ondata di distruzione e così anche Thor. Quando ebbero finito Thor si rese conto che non restava neppure un drago in cielo ad affrontarli: erano tutti caduti dal cielo all’oceano, feriti gravemente o uccisi.

Thor si ritrovГІ a volare solo con Micople in aria, in cerchio sopra i draghi caduti di sotto. I due respiravano affannosamente e perdevano sangue. Thor sapeva che Micople stava esalando gli ultimi respiri, vedendo il sangue scenderle dalla bocca e sentendo che ogni respiro era mortalmente doloroso.

“No, amica mia,” le disse trattenendo le lacrime. “Non puoi morire.”

È giunta la mia ora, la udì rispondere. Almeno muoio con dignità.

“No.” insistette Thor. “Non devi morire!”

Micople continuava a respirare sangue e il battito delle sue ali si faceva più debole mentre iniziavano a scendere verso l’oceano.

Mi è rimasta un’ultima battaglia, disse Micople. E voglio che il mio momento finale sia un momento di valore.

Micople sollevò lo sguardo e Thor seguì il suo sguardo vedendo la flotta di Romolo che si stagliava all’orizzonte.

Annuì con serietà. Sapeva ciò che Micople voleva. Voleva accogliere la propria morte in un’ultima grandiosa battaglia.

Thor, gravemente ferito, con il fiatone, sentendo di non potercela fare, voleva comunque morire allo stesso modo. Si chiese quindi se le profezie di sua madre fossero vere. Gli aveva detto che lui stesso poteva cambiare il proprio destino. Si chiese se l’avesse fatto. Sarebbe morto ora?

“E allora andiamo, amica mia,” le disse.

Micople ruggì con forza e insieme si lanciarono verso il basso, mirando contro la flotta di Romolo.

Thor sentiva il vento e le nuvole tra i capelli e contro il volto. Lanciò anche lui un forte grido di battaglia. Micople ruggì per far sentire la propria rabbia e entrambi si lanciarono in basso. Micople aprì le fauci e lanciò una fiammata dopo l’altra contro le navi, una alla volta.

Presto un muro di fuoco si diffuse sul mare man mano che una nave dopo l’altra tutte venivano incendiate. Avevano davanti decine di migliaia di navi, ma Micople non si fermò, aprendo sempre più la bocca e lanciando un’ondata di fuoco dopo l’altra. Le fiamme si allungarono come fossero un’unica lunga parete e le grida degli uomini si levarono sempre più forti.

Le fiammate di Micople iniziarono ad indebolirsi e presto ogni soffio cominciГІ ad emanare ben poco fuoco. Thor sentiva che stava morendo sotto di lui. Volava sempre piГ№ in basso, troppo debole ormai per sputare fuoco. Ma non era ancora troppo debole per usare il suo corpo come arma. Quindi, invece di lanciare fiammate, si scagliГІ contro le navi colpendole con le sue dure scaglie, come un meteorite che cadeva dal cielo.

Thor si teneva stretto, aggrappato con tutta la sua forza mentre lei si tuffava contro le navi e spezzava gli scafi di legno. Distrusse una nave dopo l’altra, avanti e indietro, distruggendo la flotta. Thor si teneva stretto mentre pezzi di legno volavano dappertutto attorno a lui.

Alla fine Micople non poté più andare oltre. Si fermò al centro della flotta, galleggiando nell’acqua. Sebbene avesse distrutto moltissime navi, ancora in migliaia la circondavano. Thor galleggiava sulla sua schiena sentendola respirare debolmente.

Le navi rimaste si voltarono contro di loro. Presto il cielo divenne nero e Thor udì un suono sibilante. Sollevò lo sguardo e vide un arcobaleno di frecce proiettate verso di loro. Improvvisamente venne pervaso da un dolore orribile, colpito dalle frecce e senza un posto dove nascondersi. Anche Micople venne colpita ed entrambi iniziarono ad affondare sotto le onde: due grandiosi eroi che avevano combattuto la battaglia della loro vita. Avevano distrutto i draghi e buona parte della flotta dell’Impero. Avevano fatto ben più di quanto un normale esercito sarebbe riuscito a fare.

Ma ora non era rimasto nulla, potevano morire. Mentre Thor veniva colpito da una freccia dopo l’altra, affondando sempre più un basso, capì che non c’era null’altro da fare se non prepararsi a morire.




CAPITOLO SETTE


Alistair abbassò lo sguardo e si ritrovò in piedi su un ponte. Guardando oltre, verso il basso, vide l’oceano che si infrangeva contro gli scogli con assordante frastuono. Una forte folata di vento le fece perdere l’equilibrio e lei, sollevando lo sguardo, vide come in molti altri sogni nella sua vita un castello arroccato in cima a una scogliera, avvolto da un’aura dorata. Di fronte a lei c’era una figura solitaria, una sagoma, con le braccia protese in avanti come a volerla abbracciare, ma Alistair non poteva vedere il suo volto.

“Figlia mia,” disse la donna.

CercГІ di fare un passo verso di lei, ma aveva le gambe bloccate. Abbassando lo sguardo vide che era legata al terreno. Per quanto provasse, era incapace di muoversi.

Allungò le mani verso sua madre e pianse disperatamente: “Madre, salvami!”

Improvvisamente Alistair sentì che il mondo le ruotava davanti velocemente, si sentì precipitare e si rese conto che il ponte stava collassando sotto i suoi piedi. Cadde con le catene che tintinnavano dietri di lei, verso l’oceano, insieme a un intero pezzo di ponte.

Alistair si sentiva completamente intorpidita mentre il suo corpo affondava nell’acqua gelida dell’oceano, ancora con le catene ai piedi. Andava sempre più a fondo mentre la luce sopra di lei si faceva progressivamente più lontana e debole.

Aprì gli occhi e si ritrovò seduta in una piccola cella di pietra, un luogo che non riconobbe. Di fronte a lei sedeva una figura solitaria che riconobbe appena: il padre di Erec. La guardava con occhi torvi.

“Hai ucciso mio figlio,” le disse. “Perché?”

“Non è vero!” protestò lei debolmente.

Lui si accigliГІ.

“Verrai condannata a morte,” aggiunse.

“Non ho assassinato Erec!” protestò Alistair. Si alzò e cercò di correre verso di lui, ma di nuovo si trovò legata alla parete.

Alle spalle del padre di Erec apparvero una decina di guardie con indosso un’armatura nera e bellissime visiere. Il suono dei loro speroni riempì la stanza. Si avvicinarono, la afferrarono e strattonarono staccandola dalla parete. Ma le sue caviglie erano ancora legate e le catene stringevano sempre di più facendole male.

“No!” gridò Alistair.

Alistair si svegliò, ricoperta di sudore freddo, e si guardò attorno cercando di capire dove si trovasse. Era disorientata: non riconosceva la piccola stanza, la cella buia nella quale sedeva, con le antiche pareti di pietra e le sbarre di metallo alle finestre. Si voltò, cercando di camminare, e udì un suono sferragliante: abbassando lo sguardo vide che aveva le caviglie legate al muro. Cercò di scuoterle per scioglierle ma non ne fu capace: il ferro freddo le premeva contro la pelle.

Alistair considerò la situazione e capì che si trovava in una piccola cella di detenzione nei sotterranei e che l’unica luce proveniva dalla finestrella scavata nella pietra e bloccata da delle sbarre di metallo. Si udivano lontane grida di esultazione e Alistair, curiosa, si diresse alla finestra per quanto le catene le permisero. Si chinò e guardò attraverso le sbarre, cercando di cogliere un barlume di luce e di capire dove si trovava.

Vide una grande folla riunita a capo della quale si trovava Bowyer, orgoglioso e trionfante.

“Quella strega ha cercato di uccidere il suo futuro sposo!” gridò Bowyer alla folla. “Mi si è avvicinata con il complotto di uccidere Erec e sposare me al suo posto. Ma i suoi piani sono stati mandati all’aria!”

Una serie di grida indignate sorse dalla folla e Bowyer attese che si calmassero. Poi sollevГІ le mani e parlГІ di nuovo.

“Ora potete tutti riposare tranquilli sapendo che le Isole del Sud non verranno governate da Alistair né da nessun altro se non me stesso. Ora Erec giace morente e sono io, Bowyer, che vi proteggerò, il secondo miglior guerriero dei giochi.”

Si udì un forte grido di approvazione e la folla iniziò a cantare: “Re Bowyer! Re Bowyer!”

Alistair guardava la scena con orrore. Tutto stava succedendo così rapidamente attorno a lei da poterlo capire a malapena. Quel mostro, Bowyer. Solo vederlo le infondeva dentro una tale rabbia. Lo stesso uomo che aveva tentato di assassinare il suo amato ora era lì, davanti ai suoi occhi, a dichiarare di essere innocente e a cercare di far ricadere la colpa su di lei. Peggio di tutto lo avrebbero proclamato re. Non c’era proprio giustizia?

Ma quello che le era capitato non la preoccupava così tanto quanto il pensiero di Erec malato nel suo letto, ancora bisognoso di cure. Sapeva che se non avesse presto portato a termine la sua azione su di lui, sarebbe morto. Non le interessava passare il resto dei suoi giorni in quella prigione per un crimine che non aveva commesso: voleva solo assicurarsi che Erec guarisse.

La porta della cella improvvisamente si aprì con uno schianto e Alistair si voltò vedendo un grosso gruppo di gente che entrava. Al centro si trovava Dauphine, affiancata dal fratello Strom e da sua madre. Dietro di loro c’erano diverse guardie reali.

Alistair si alzГІ per salutarli, ma le catene le affondarono nelle caviglie, tintinnando e facendola sussultare per il dolore.

“Erec sta bene?” chiese disperata. “Per favore, ditemelo. È vivo?”

“Come osi chiedere se è vivo?” le chiese seccamente Dauphine.

Alistair si voltГІ verso la madre di Erec, sperando nella sua misericordia.

“Vi prego, ditemi solo se è vivo,” implorò con il cuore che le si spezzava.

La donna fece un cenno serio, guardandola con disapprovazione.

“Sì,” disse debolmente. “Ma sta molto male.”

“Portatemi da lui!” insistette Alistair. “Vi prego! Devo guarirlo!”

“Portarti da lui?” le fece eco Dauphine. “Sconsiderata! Non ti avvicinerai a mio fratello, non andrai proprio da nessuna parte. Siamo solo venuti a darti un’ultima occhiata prima dell’esecuzione.”

Il mondo di Alistair crollГІ.

“Esecuzione?” chiese. “Non c’è un giudice o una giuria su quest’isola? Non c’è un sistema di giustizia?”

“Giustizia?” disse Dauphine, facendosi avanti rossa in volto. “Tu osi chiedere giustizia? Abbiamo trovato la spada insanguinata tra le tue mani, nostro fratello morente tra le tue braccia. E osi parlare di giustizia? La giustizia è stata servita.”

“Ma vi dico che non sono stata io a ferirlo!” implorò Alistair.

“È vero,” disse Dauphine con voce punteggiata di sarcasmo. “Un uomo misterioso è entrato nella stanza e l’ha colpito, poi è scomparso e ti ha messo l’arma del delitto in mano.”

“Non è stato un uomo misterioso,” insistette Alistair. “È stato Bowyer. L’ho visto con i miei stessi occhi. È stato lui a colpire Erec a morte.”

Dauphine fece una smorfia.

“Bowyer ci ha fatto vedere la lettera che gli hai scritto. Lo hai implorato di sposarti pianificando di uccidere Erec e metterti con lui. Sei una donna malata. Avere mio fratello e diventare regina non era abbastanza per te?”

Dauphine diede ad Alistair la lettere e il cuore le sprofondГІ nel petto mentre leggeva:



Quando Erec sarГ  morto, passeremo la vita insieme.



“Ma questa non è la mia calligrafia!” protestò Alistair. “La lettera è falsa!”

“Sì, sono certa che lo è,” disse Dauphine. “Sono certa che avrai una spiegazione conveniente per ogni cosa.”

“Non ho mai scritto una lettera del genere,” insistette Alistair. “Ma non vi rendete conto? Questa cosa non ha alcun senso. Perché avrei dovuto uccidere Erec? Lo amo con tutta la mia anima. Eravamo quasi sposati.”

“E grazie a Dio non lo siete,” disse Dauphine.

“Dovete credermi!” insistette Alistair, voltandosi verso la madre di Erec. “Bowyer ha cercato di ucciderlo. Vuole il trono. A me non interessa diventare regina. Non mi è mai interessato.”

“Non preoccuparti,” disse Dauphine. “Non lo sarai mai. Non sarai neppure viva. Qui nelle Isole del Sud serviamo la giustizia molto velocemente. Domani verrai giustiziata.”

Alistair scosse la testa, rendendosi conto che non si poteva ragionare con loro. SospirГІ con il cuore pesante.

“È per questo che siete venuti qui?” chiese debolmente. “Per dirmi questo?”

Dauphine la fissò nel silenzio e Alistair poté percepire l’odio nel suo sguardo.

“No,” rispose alla fine, dopo una lunga e pesante pausa. “È stato per pronunciare la tua sentenza e per dare un’ultima lunga occhiata alla tua faccia prima di mandarti all’inferno. Ti faremo soffrire, allo stesso modo in cui ha dovuto soffrire nostro fratello.”

Improvvisamente Dauphine arrossì, si scagliò in avanti e afferrò i capelli di Alistair. Avvenne così velocemente che Alistair non ebbe il tempo di reagire. Dauphine lanciò un grido gutturale e le graffiò il volto. Alistair sollevò le mani per bloccare il colpo mentre gli altri si facevano avanti per fermare Dauphine.

“Lasciatemi andare!” gridò. “Voglio ucciderla ora!”

“Verrà fatta giustizia domani,” disse Strom.

“Portatela fuori di qui,” ordinò la madre di Erec.

Le guardie si fecero avanti e trascinarono Dauphine fuori dalla stanza mentre calciava e strillava protestando. Strom li raggiunse e presto la cella fu completamente vuota se non per Alistair e la madre di Erec. La donna andГІ verso la porta, si voltГІ lentamente e guardГІ Alistair. Alistair le scrutГІ il volto alla ricerca di un segno di gentilezza o compassione.

“Vi prego, dovete credermi,” disse con franchezza. “Non mi interessa quello che pensano gli altri di me. Ma mi interessa quello che pensate voi. Siete stata gentile con me dal primo momento che ci siamo conosciute. Sapete quanto amo vostro figlio. Sapete che non avrei mai potuto fare una cosa del genere.”

La madre di Erec la guardГІ attentamente e i suoi occhi si riempirono di lacrime. SembrГІ vacillare.

“È per questo che siete rimasta indietro, vero?” insistette Alistair. “È per questo che avete esitato. Perché volete credermi. Perché sapete che ho ragione.”

Dopo un lungo silenzio la donna finalmente annuì. Come se avesse preso una decisione fece diversi passi verso di lei. Alistair poteva vedere che le credeva sul serio e ne fu felice.

La donna corse ad abbracciarla e Alistair ricambiГІ il gesto, piangendo sulla sua spalla. Anche la madre di Erec pianse e alla fine fece un passo indietro.

“Dovete ascoltarmi,” disse Alistair con urgenza. “Non mi interessa quello che mi accadrà o cosa gli altri pensino di me. Ma Erec. Devo andare da lui. Ora. Sta morendo. L’ho guarito solo parzialmente e devo finire il mio lavoro. Altrimenti morirà.”

La donna la guardГІ dalla testa ai piedi, come se si stesse finalmente rendendo conto che stava dicendo la veritГ .

“Dopo tutto quello che è successo,” le disse, “tutto quello che ti interessa è mio figlio. Ora vedo che veramente gli vuoi bene, e che non avresti mai potuto fare una cosa del genere.”

“Certo che no,” disse Alistair. “Sono stata incastrata da quel barbaro, Bowyer.”

“Ti porterò da Erec,” le disse la regina. “Ci costasse le nostre vite. Ma almeno moriremo tentando. Seguimi.”

La donna sciolse le catene e Alistair la seguì velocemente fuori dalla cella, attraverso le segrete, decise a rischiare tutto per Erec.




CAPITOLO OTTO


Gwendolyn si trovava sulla prua della nave, l’aria dell’oceano le accarezzava la faccia, accerchiata da tutta la sua gente e con la bambina salvata tra le braccia. Erano tutti in stato di shock mentre navigavano in mezzo al mare, già lontani dalle Isole del Sud. Erano stati raggiunti solo da due navi, tutto ciò che restava della grandiosa flotta che era salpata dall’Anello. Il popolo di Gwen, la sua nazione, tutti valorosi cittadini dell’Anello, erano stati ridotti e qualche centinaia di sopravvissuti, una nazione in esilio che galleggiava, senza patria, cercando un luogo dove poter ricominciare. E tutti guardavano a lei come loro guida.

Gwen guardava il mare, esaminandolo ormai da ore, immune agli spruzzi freddi della nebbia dell’oceano mentre scrutava nella foschia e cercava di trattenere il proprio cuore dallo spezzarsi. La bambina tra le sue braccia si era finalmente addormentata e Gwen non riusciva a pensare ad altro che a Guwayne. Si odiava, era stata così stupida a lasciarlo navigare da solo. In quel momento le era sembrata l’idea migliore, le era sembrato l’unico modo per salvarlo da morte certa. Chi avrebbe potuto prevedere un tale mutamento negli eventi e immaginare che i draghi sarebbero stati debellati? Se Thor non fosse apparso come aveva fatto in quel momento sarebbero stati sicuramente tutti morti. Gwen non se lo sarebbe mai aspettato.

Era riuscita almeno a salvare alcune delle sue persone, una parte della sua flotta, quella bambina. Erano riusciti almeno a fuggire dall’isola e a scampare alla morte. Eppure tremava ancora ogni volta che il ruggito di un drago squarciava l’aria, sempre più lontano man mano che navigavano via. Chiuse gli occhi e trasalì: sapeva che c’era una battaglia epica da svolgere e che Thor si trovava esattamente nel mezzo. Più di tutto avrebbe voluto essere lì al suo fianco. Ma allo stesso tempo sapeva che sarebbe stato inutile. Non sarebbe stata di alcuna utilità a Thor mentre combatteva contro quei draghi e avrebbe solo esposto il suo popolo alla morte.




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